Lo Schiaccianoci di Marta Bevilacqua: «Che sfida cimentarsi con il balletto»

Le parole chiave di questa rilettura in prima assoluta a Teatro Contatto, domenica 28 alle 17 al Palamostre doi Udine, sono relazione e sogno

Elisabetta Ceron

Dopo Le Stagioni e Bolero, due grandi classici della musica con cui si sono cimentati negli ultimi anni, per la Compagnia di danza contemporanea Arearea è la volta di Ciajkovskij e del suo Schiaccianoci, titolo coreografo da Marta Bevilacqua che firma non solo il suo primo balletto a serata ma anche la rivisitazione di un titolo tra i più rimaneggiati e praticati del repertorio.

Le parole chiave di questa rilettura in prima assoluta a Teatro Contatto, domenica 28 alle 17 al Palamostre, sono relazione e sogno: relazione tra le cose, gli ambienti e i danzatori che vivono in scena la crescita emotiva della protagonista, Clara, dove ciascuno si misura con le attese, le aspettative e le emozioni del cuore. Una riflessione sul valore dei sentimenti, sul desiderio, la distanza e l’attesa, tutti elementi della fiaba che si presta anche a una visione ironica conforme al mondo complesso e illogico dei sogni.

Qual è stato il primo passo di questo progetto?

«Quando abbiamo acconsentito alla proposta del Conservatorio Tomadini di interpretare con l’orchestra alcuni brani di Schiaccianoci andati in scena il 2 giugno al Teatro Nuovo. Da lì ho accettato la sfida di cimentarmi con il balletto grazie all’esperienza maturata all’opera. È stato prezioso per me mettere in campo strumenti acquisiti in opere come Turandot o La forza del destino, coreografando per ensemble di ottanta persone, “rubando” in qualche modo le tecniche di montaggio, i tempi, il lavoro sulle maestranze perché effettivamente questo Schiaccianoci ha una riscrittura contemporanea seppur fedele totalmente alla narrazione».

Una sinergia di competenze e contributi artistici, partiamo dalla musica?

«C’è una parte di riscrittura musicale che noi chiamiamo “sabotaggi” dove si tenta di mettersi in un’ottica contemporanea rispetto a Ciajkovskij. Qui l’opera musicale è rispettata nella sua interezza, due atti con leggere contaminazioni, sfasamenti che enfatizzano il tema della magia e il tema degli ambienti. Io non ho 80 persone come Schiaccianoci richiederebbe ma lavoro con 14 danzatori, perciò ho chiesto a Leo Virgili di aiutarmi a capire le atmosfere».

La storia, rispettata, si apre a ulteriori riflessioni?

«Il lavoro fatto su Clara è centrale come nella fiaba, i turbamenti di una ragazza che diventa adolescente ma per me personalmente il tema principale ruota attorno al Romanticismo. Affrontare Ciajkovskij significa contestualizzarlo nell’800 quindi confrontarsi, oggi, con i temi dell’epoca come Sturm und Drag e focalizzando una certa attenzione su emozioni e relazioni».

Per quanto riguarda l’identità visiva di scene e costumi quali scelte avete adottato?

«Schiaccianoci ha anche un animo gotico, quindi il primo atto è quasi in bianco e nero. Ho affidato le scenografie al Maestro Giancarlo Venuto, pittore, a cui ho chiesto un cielo – un grande fondale – ed elementi mobili come grandi lampadari e il famoso albero di natale reso su tela e carboncino; tutti fatti artigianalmente così come gli 80 costumi di Marianna Fernetich che ci portano da toni notturni a un tripudio di colori nel regno dei dolci».

Clara sarà la danzatrice triestina Irene Ferrara. Quali i motivi della scelta?

«Vale per tutti e per lei in primis ho cercato qualcuno che avesse la capacità di credere alle fiabe e avesse un “cuore leggero”. Per rappresentare Clara c’è bisogno di curiosità e di stupore». 

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