L’inferno dolce e tragico dell’adolescenza: il romanzo d’esordio di Denis Pantanali

“Tienila sempre carica” è l’opera prima dell’autore udinese. Il libro disegna una mappa dei luoghi dell’aggregazione giovanile in città degli anni Ottanta e Novanta

Fabiana Dallavalle
Denis Pantanali
Denis Pantanali

“Marzo 1997, Udine. Provincia dell’impero” almeno è così che Jonny, protagonista di “Tienila sempre carica” (Transeuropa), di Denis Pantanali, vive la sua città, provincia di una galassia popolata da adolescenti che sembrano vivere perennemente dentro al bar di Guerre Stellari, ovvero senza capirsi tra loro.

Un romanzo d’esordio e di formazione a tratti crudo e lucidissimo, decisamente una bella sorpresa in cui Udine è mappata e setacciata nei luoghi dell’aggregazione giovanile degli anni ’80 e ’90 ovvero la scuola, le piazze, i campetti da calcio, luoghi cancellati dall’avvento del cellulare, popolati da ragazzi e ragazze che tuttavia si sono già lasciati alle spalle i rituali della vita nei campi: la musica e la televisione, senza che se ne siano resi conto, li hanno infatti già proiettati oltreoceano.

Un romanzo che ci restituisce con grande forza una lingua di parole piene, modellate sul friulano, e costruito temporalmente in maniera estremamente interessante e intrigante perché pieno delle fragilità dei gesti e dei riti dell’adolescenza, con la birra e l’alcol bevuti smodatamente e le sigarette fumate soprattutto per darsi “un tono”.

Jonny che tiene insieme le sue crepe con dei veri e propri manta “proteggo, avverto, soccorro” è voce narrante ma anche colui che è visto attraverso gli occhi del narratore, fragile, con in tasca l’inalatore per l’asma, ma pieno di vitalità, ironia e di un disagio che nasce dal percepirsi diverso dai suoi coetanei, sempre di lato al gruppo così da poterlo osservare meglio.

Un dolore certo, di quelli che spaccano il cuore, da recuperare attraverso una attenta lettura seminata di dettagli, un protagonista maschile lontano dallo stereotipo del vincente che si sente senza pelle, continuamente destabilizzato dalle sue stesse emozioni, però motivato, inconsciamente, a “tenersi insieme”, a sopravvivere.

La scelta del titolo “tienila sempre carica”, appare dunque non solo come citazione musicale ma anche come un’attitudine alla vita, un essere sempre pronti, essere sempre presenti mentalmente, perché la vita sfugge di mano in un et. Si respira, nonostante siano dei diciasettenni a parlare un senso di precarietà e di dolore come se quello che registriamo nei ragazzi dei oggi abbia matrici da ricercarsi dentro la natura di un’età che non è affatto spensierata come si immagina dovrebbe essere.

Quanto agli adulti visti dagli occhi del narratore, sono lontanissimi. Il padre di Jonny è un guascone che parla al figlio come fosse suo amico elargendogli consigli sulle donne, l’amore e il mondo, e sua madre, beh ai lettori il piacere della scoperta. In ogni caso non si può non notare che il protagonista si presenti al mondo cercando di sembrare molto più corrazzato di quanto lo sia veramente.

Gli strumenti emotivi sono quelli dell’ironia che sfocia nel sarcasmo e della battuta pronta, oltre a una serie di citazioni colte dal cinema alla musica popolate di artisti che ci restituiscono non solo i suoi gusti musicali, Nirvana, dei Pearl Jam o dei Soundgarden, ma anche il profilo di idoli che possano aiutarlo a sublimare le sue ferite.

Sorprende il ritmo dei dialoghi, spesso feroci tra ragazzi e tra ragazzi e ragazze, e quanto le emozioni siano restituite con la potenza deflagrante della rabbia, della gioia, del senso di onnipotenza e del desiderio.

Insomma, una storia bella che si legge correndo tra le pagine, una storia di bulli, nerd, ragazzi fragili, ragazze ingenue e finte smaliziate. Una storia capace di lasciarci addosso una bella nostalgia di come e cosa eravamo un tempo. 

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