L’epurazione dopo Caporetto: il generale Porro esce dall’oblio
Nel saggio di ricorda l’indomani della disastrosa rotta di Caporetto del 24 ottobre 1917, del ripiegamento dell’esercito italiano dall’Isonzo al Piave e della sostituzione dei vertici dello Stato maggiore

All’indomani della disastrosa rotta di Caporetto del 24 ottobre 1917, del ripiegamento dell’esercito italiano dall’Isonzo al Piave e della sostituzione dei vertici dello Stato maggiore, nel gennaio 1918 il governo Orlando istituì una Commissione parlamentare d’inchiesta che esaminò nei mesi successivi le cause e le responsabilità dei comandi militari.
La Commissione accertò fra l’altro i fattori depressivi dello spirito delle truppe per i gravi sacrifici a loro imposti, imputò allo Stato maggiore di non aver compreso la situazione politico-militare e disapprovò sia l’epurazione di molti ufficiali in base a preconcetti sia la pratica della decimazione. Ci sarebbero voluti ancora molti decenni prima che l’intera verità venisse a galla, smentendo le affermazioni del generale Luigi Cadorna sulla codardia dei soldati.
La relazione della Commissione venne discussa dal Parlamento a guerra finita, nel settembre del 1919, e approvata a maggioranza. Sia Cadorna che il Sottocapo Carlo Porro vennero con decreto collocati a riposo.
Quando Mussolini assunse l’incarico di primo ministro, capì che un colpo di spugna all’inchiesta avrebbe rappresentato uno smacco per le sinistre e sarebbe risultato gradito ai nazionalisti. Pertanto, nell’agosto del 1925 annullò i decreti di messa a riposo dei generali Cadorna e Porro, annunciando a quest’ultimo una posizione ausiliaria e il conferimento da parte del re della Croce dell’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro.
Il generale Porro, a seguito degli addebiti a lui mossi dalla Commissione d’inchiesta, aveva stilato una Memoria difensiva, che però fu sconsigliato a divulgare e tenne chiusa in un cassetto.
Ora, uno dei suoi bisnipoti, Andrea Paleologo Oriundi, ha estratto quelle carte di famiglia che sono state pubblicate, assieme alla biografia, nella collana storica dell’editore Gaspari: Il generale Porro sottocapo dello Stato Maggiore 1915-1917.
Leggendola, si deduce che Porro era fedele alla spietata linea Cadorna nell’assecondare “una notevole epurazione dei quadri per avere buoni comandanti alla testa delle truppe”. In base a testimoni, la Commissione lo aveva poi accusato di proteggere l’elemento clericale, al che lui rivendica la propria “azione contro la propaganda pacifista o disfattista clericale”, comprovata da sue disposizioni emanate contro alcuni giornali cattolici fra cui il Corriere del Friuli “deprimenti lo spirito delle truppe”, nonché “la proibizione che nelle funzioni religiose presso gli ospedali si recitasse la preghiera per la pace”.
Letto a distanza di tanti anni, anche questa memoria non può che rinforzare il giudizio sulla disumana rigidità dei comandi militari nei primi anni della Grande guerra, che venne in parte attenuata dalla sostituzione di Cadorna con Diaz.
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