Le nuove sfide della Crusca: «Basta hotspot o booster, utilizziamo i termini italiani»
Incontro a Udine con l’accademico Massimo Fanfani: «Un uso invasivo di voci straniere dell’anglosfera»

La lingua italiana non è sempre la stessa ma cambia nel tempo a seconda delle trasformazioni sociali e culturali vissute dal nostro Paese. Quale miglior occasione, per conoscere i nuovi equilibri linguistici, del passaggio a Udine, in occasione di una conferenza tenuta all’Ateneo friulano, su iniziativa dell’Associazione Sicilia Friuli presieduta da Maurizio Calderari, dal professor Massimo Fanfani, storico della lingua italiana all’Università di Firenze e accademico della Crusca.
«Si dice spesso che la lingua italiana – osserva Fanfani – attraversa una fase di turbolenza. C’è persino chi ritiene che stia vivendo una condizione di “tempesta” derivante dalla perdita dei riferimenti letterari, dalla preferenza per espressioni che prima erano ai margini e dall’afflusso indiscriminato di parole straniere».
Questa tuttavia, secondo il docente, è solo la superficie di un fenomeno che è più complesso e rimanda all’inevitabile riconfigurazione di una lingua sotto la spinta anche dell’ingresso nella comunità dei parlanti di nuovi soggetti come gli immigrati.
«Non stiamo parlando solo di anglicismi come “stalking” o ppure “spread’o’gap” – continua Fanfani – ma anche di espressioni come “assolutamente sì” e il “quant’altro”finale di frase, oppure della scomparsa del futuro, le cui funzioni vengono assorbite del presente (“la prossima estate vado alle Seychelles”).
Ma c’è di più: c’è una vorticosa circolazione di tecnicismi che provengono dalle più disparate lingue specialistiche, dall’informatica, all’alimentazione, allo sport, alla politica, che si riversano nella pratica comunicativa quotidiana: pensiamo al “resettarsi” o al “salvarsi in corner”».
Quello che fa più sensazione in questo quadro articolato è l’uso invasivo di voci straniere provenienti soprattutto dalla cosiddetta anglosfera. «Pur facendone uso, a volte per puro snobismo, il parlante resta disorientato – rileva Fanfani – perché non ha la bussola per capire se questi termini sono davvero indispensabili».
E qui entra in gioco il ruolo dell’Accademia della Crusca, istituzione che dall’originaria difesa della purezza linguistica è passata oggi a essere un autentico osservatorio dei fenomeni linguistici aperto al dialogo con la cittadinanza e le istituzioni.
“Le nuove sfide della Crusca” è stato infatti il titolo della conferenza udinese di Fanfani. «Abbiamo istituito un servizio di consulenza linguistica che prima agiva attraverso la rivista “La Crusca per voi” e ora funziona con i canali telematici come il sito web. Abbiamo anche creato un gruppo di lavoro denominato “Incipit” che aspira a intervenire nella fase in cui comincia a diffondersi un neologismo per suggerire eventuali forme sostitutive.
Per esempio, in luogo di “hotspot”, la Crusca diede l’indicazione di sostituirlo con “centro di identificazione”, oppure al posto di “booster”, che fece l’ingresso nel periodo della pandemia, si raccomandò “richiamo”, o ancora “lavoro agile” invece di “smart working”».
C’è una vistosa differenza tra il compito affidato all’Accademia della Crusca e quello perseguito dall’analogo organismo francese chiamato “Commissione speciale per la terminologia e i neologismi”: «Mentre oltralpe – spiega Fanfani – si arriva ad interdire e bloccare la circolazione di un neologismo con tanto di pubblicazione in Gazzetta ufficiale delle espressioni accettabili, in Italia il nostro gruppo ha una funzione di vaglio e di indirizzo, avendo come proprio perimetro il linguaggio della pubblica amministrazione e della scuola ritenuti i gangli vitali della lingua
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