Le forme astratte del “pittore-reporter” Marco Petrus a Udine per Vicino/Lontano
Si inagura venerdì 28 l’esposizione alla Stamperia Albicocco. «Un ritorno a casa: mia nonna abitava in via Gemona»

UDINE. È la storia di una collaborazione tra l’artista e lo stampatore. Una storia che dura venti anni all’insegna della grafica.
È anche un ritorno a Udine di Marco Petrus che, chiusa la personale “Capricci veneziani” a Ca’ Pesaro, ora espone una ventina di acquetinte, acqueforti e carborundum in via Ermes di Colloredo, nella ormai storica Stamperia d’Arte Albicocco.
In questi giorni lo si incontrava, chino sulla lastra per gli ultimi ritocchi oppure al torchio, per ultimare i lavori della mostra che si inaugura, venerdì 28, alle 18,30, presentata da Paola Zatti, Conservatrice della Galleria d’arte Moderna di Milano. E viene ancora una volta spontaneo chiedersi come mai un artista così noto venga da così lontano per stampare a Udine.
«Io nasco stampatore», racconta Marco Petrus. «Mi sono specializzato in calcografia a Urbino e avevo una stamperia a Milano negli anni Ottanta, avviata con il torchio che mi aveva regalato Vittorio Basaglia quando insegnava a Venezia.
E se vengo da Milano e faccio tanta strada le mie ragioni le ho. Chiedo molto allo stampatore e quel “molto” qui lo trovo. Diciamo anche che amo tornare a Udine: mia nonna abitava in via Gemona così in questa città mi sento un poco a casa».
E la sua storia udinese è anche artisticamente fondata: la sua prima personale in città, era il 2001, fu presentata da Tito Maniacco, che guardò alle città dipinte da Petrus con lo sguardo colto di chi si pone nella traiettoria storica dello sguardo urbano raccontando le ragioni culturali del “pittore-reporter”, come venne chiamato l’artista per quel suo fermare le architetture come trattenessero il respiro.
Ma oggi Petrus ci presenta qualcosa di nuovo: non siamo a naso in su e la città non sale, si avvicina e scende vertiginosamente di scala. Le cellule architettoniche stagliate nei cieli fermi lasciano il posto allo sguardo ravvicinato che delle architetture stesse coglie i fuori scala che alterano il senso stesso dello sguardo, non più in grado di identificare e riconoscere.
Non siamo alla dimensione del flâneur ma siamo osservatori lenticolari che si concentrano sul dettaglio per ammirare paesaggi nuovi di cui restano percezioni minime, coloratissime ma prive di riconoscibilità di contesto. Astraggono linee, forme e colori tesi verso geometrie di tutti perché “prime” rispetto all’accadere delle cose.
La tecnica prediletta da Petrus è l’acquatinta, condotta a un virtuosismo che mette a dura prova lo stampatore per il numero di lastre e i tanti passaggi al torchio che richiede ogni singolo brano. Ma nella stamperia d’arte Albicocco tutto si prova e alla fine si può.
Dobbiamo allora cogliere una accezione particolare di quel termine “potere” che è la parola chiave di Vicino/Lontano, il festival in cui la mostra di Marco Petrus si inserisce. Per Corrado come per Gianluca Albicocco e per Petrus potere diventa verbo. Non nel significato di avere il permesso né tantomeno di avere la forza: in stamperia “potere” significa essere in grado.
Essere in grado di comprendere le esigenze dell’artista, dice Corrado, essere in grado di trovare le soluzioni più idonee dice Gianluca; essere in grado di piegare i propri saperi in un obiettivo finale comune ed elevato.
E allora il contributo della stamperia a questa edizione del festival sta nell’esempio che questo mestiere antico sa proporre per riflettere più che mai sull’attualità del mondo.
E come potrebbe una stamperia dove sono passati autori come Vedova, Zigaina, Kounellis e dove ora possiamo incontrare Petrus, Tremlett e Zec mancare i grandi temi del mondo?
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