L’architetto Cherici alla Tarantola con le poesie della sua Vita Nova
Paolo Medeossi
Delirando di propositi, decisioni e giuramenti (come scrisse Mario Tobino), Dante si affacciò all’improvviso all’età adulta e pubblicò il suo primo libretto, ansioso di farsi notare. La “Vita Nova” alternava prose e poesie. Vi si narrava di un innamoramento e alla fine l’autore giurava di diventare un grande poeta. Le pagine erano fresche e sincere; certi raccontini e soprattutto i versi che celebravano la grazia della sua donna, del suo angelo, Beatrice, commossero le giovani fiorentine e i loro innamorati. Fu così che il nome di Dante cominciò a serpeggiare a Firenze e tutti conobbero il Dolce stil novo.
C’è ancora voglia per simili emozioni? L’amore esiste e sotto quali forme? È un sogno, una realtà indispensabile, una sfuggente e quasi banale sensazione? Insomma rappresenta, come nel Duecento di Dante, il primo dei progetti che gli umani cercano di realizzare per affrontare le durezze e gli scogli del vivere? Interrogativi posti quale dato di partenza da un libro che sembra arrivarci da altri secoli, conservando una delicata suggestione e una freschezza originale, visti i tempi che viviamo, rapidi, superficiali e pratici. A cimentarsi con l’impresa è un autore pure a suo modo sorprendente in quanto si tratta dell’architetto Amerigo Cherici, nato in Campania a Sessa Aurunca, da famiglia con radici toscane, e udinese da decenni, laureato al Politecnico di Milano, con alle spalle un’intensa attività professionale: fra i suoi lavori, il Piano urbanistico regionale, le idrovie, il parco archeologico e monumentale di Aquileia con Marcello D’Olivo. Esperienze all’origine di saggi e pubblicazioni, tra cui il recente libro “Udine sei bellissima”.
Adesso Cherici, spiazzando chi lo conosce, riparte da una delle sue passioni assolute, ovvero Dante, proponendo “Innamorati del mondo. Vita Nova del terzo millennio” (150 pagine, 14 euro), pubblicato dalla casa editrice L’orto della cultura, con una copertina di notevole effetto, efficace biglietto da visita per un’opera dedicata alla sensibilità femminile e all’unico riscatto possibile, appunto l’amore considerato come centro di ogni comportamento umano, anche se non lo si sa. Cherici, in modo sommesso, spiega perché ha voluto rifarsi al Duecento e al prosimetro (alternando appunto prose e poesie) convinto di segnalare un’evoluzione che parte dall’amor cortese, giunge alla donna angelicata del Dolce stil novo e approda infine a un’epoca, la nostra, in cui la donna è sì protagonista assoluta, ma pure eterno e travolgente mistero. Il fatto di aver scelto un modello della stratosferica grandezza di Dante non condiziona il disegno iniziale nel cercare in ogni caso la corrispondenza tra il vero e il dire, fra il dettato del cuore e il verso. “Innamorati del mondo” sarà presentato oggi, alle 18, alla Tarantola di Udine dove si potrà dialogare su questi temi, tra sorprese e stupore, con Cherici, il quale lancia a tutti un messaggio, ovvero il ragionamento d’amore come possibile antidoto alla crisi dei tempi. E a Iris, la sua Beatrice, intanto dice: «Fanno parte di noi / le parole che affidi al vento». –
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto