La morte di Balbo per fuoco amico Ad Undecimum rilegge l’episodio
Paolo Medeossi
La morte di Italo Balbo, potenziale rivale di Mussolini, avvenuta il 28 giugno 1940 a Tobruk, è rimasta un mistero. Ad abbattere il suo aereo fu il fuoco amico, ma perché? Nuovi racconti emergono scorrendo una ricerca svolta a San Giorgio di Nogaro e dintorni da Ermanno Scrazzolo. E colpiscono certe coincidenze. A sparare quel giorno, dopo un precedente attacco nemico, furono anche i cannoni dell’incrociatore italiano San Giorgio e il comandante della batterie era Azzo Gino Del Pin, il cui padre era originario proprio della nostra San Giorgio. E di lì erano anche il capo cannoniere Aldo Taverna e il marò Luigi Tomba. Fatti casuali, sicuramente, ma rendono appassionante questa ricostruzione legata alla morte di Balbo, che aveva al suo fianco il cognato Cino Florio, marito di Giuliana Canciani Florio, poi conosciuta in Friuli come “l’imperatrice del mais”.
È dunque un intreccio di scoperte e curiosità l’annuario 2018 dell’associazione culturale Ad Undecimum, impegnata in ricerche storiche e ambientali, presieduta da Lodovico Rustico, che sarà presentato domani, domenica 24 febbraio, alle 10.30, a Villa Dora di San Giorgio di Nogaro. Per esempio emergono continue testimonianze inedite sulle guerre, a firma anche di Elio Varutti, che documenta le incursioni dei cosacchi nella Bassa, e di Giorgio Coianiz sulla sequela di bombardamenti aerei subìti da San Giorgio, punto caldo nei collegamenti e dunque soggetta a tale tempesta. L’annuario ricorda una tragedia poco nota fuori di lì, per lo scoppio di una grande bomba rinvenuta il 2 maggio 1945. L’imperizia degli artificieri ne causò lo scoppio con 23 sangiorgini morti, soprattutto bambini, a guerra già finita.
Il viaggio nelle vicende di questo territorio friulano spazia nei secoli con più approfondimenti e una serie di chicche, come nel caso di Flavio D’Agostini che, riallacciandosi alle geniali intuizioni di Guglielmo Biasutti e Gilberto Pressacco sulle origini della chiesa di Aquileia, va a cercare le tracce nel culto di Sante Sabide nella campagna di Porpetto. Invece Maria Teresa Corso rende attuale una storia dal sapore licenzioso legata a un processo per concubinaggio avvenuto a fine Quattrocento a Udine con tanto di rapimento in un monastero e condanna per Gregorio Amaseo, detto il “moneghino” e rampollo di una ricca famiglia, esiliato per due anni. Viaggiando nel tempo ci si imbatte pure nella strage causata a fine 1918 dalla febbre influenzale nota come Spagnola. Fu l’ultima immane emergenza sanitaria al mondo in cui morirono milioni di persone (sicuramente, dai 50 ai 100). Marco Monte ne racconta le origini (c’è chi parlò addirittura di attacchi batteriologici sfuggiti di mano agli autori) e le conseguenze nei nostri territori, dove si pagò l’ennesimo durissimo prezzo. Nel novembre 1918, quello della vittoria, nei paesi friulani i morti raddoppiarono, con tanti giovani. Ma di questo nessuno ha quasi mai parlato in seguito. Resta un doloroso velo ancora da alzare. –
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