Jas Gawronski: "Fidel mi parlò della Baia dei Porci"

PORDENONE. Anche se ritiene di «essersi trovato al posto giusto non per meriti particolari» e di non considerarsi un uomo colto benché parli cinque lingue, Jas Gawronski è indiscutibilmente uno dei testimoni più lucidi della nostra storia recente. Magari i giovanissimi non lo sanno ancora, ma gli altri ricordano bene il garbo sobrio ed elegante con cui raccontava i fatti del mondo, da New York a Mosca, in un’epoca in cui era di poco spessore lo spazio per la cura della notizia.
Domani, martedì 5 maggio, alle 18, nel ridotto del teatro Verdi a Pordenone, Jas Gawronski sarà ospite dell'incontro “La Polonia tra ieri e oggi” un conversazione con il pubblico che anticipa il concerto serale con la Filarmonica Polacca Baltica, in Italia per la prima volta dopo 40 anni. Autore di interviste che hanno segnato un’epoca «Castro, Chiang Kai-shek, Malcom X, Margaret Thatcher, Khomeini» ci dice dalla sua casa di Roma, su tutte spicca la sua intervista a Papa Giovanni Paolo II. «È vero, perché è stata la sua prima intervista, concessa nel ’93. Pubblicata solo in parte».
- Come mai?
«Be’, in quella circostanza Giovanni Paolo II non si era accorto che il microfono era acceso, così molte delle cose dette si decise di non pubblicarle per ragioni di opportunità politiche».
- E quindi, perdute?
«No, perché l'intera intervista, senza tagli e omissioni, uscirà proprio questa settimana nel mio ultimo libro A cena dal papa, e altre storie, è pubblicato da Aragno Editore e contiene una trentina di interviste tra cui quella a Fidel Castro nella quale dà conto di dettagli inediti sulla vicenda della Baia dei Porci, per esempio».
- Veniamo al suo incontro pordenonese, si parlerà di Polonia, una nazione dinamica e un popolo culturalmente molto curioso, verso i quali l'italiano medio non sembra mostrare un particolare interesse.
«Io trovo la Polonia esattamente come dice lei. Non è una meta di grande richiamo turistico, è vero, ma è un posto che consiglierei di visitare perché è un luogo dove si respira un’aria diversa, civile, di grande educazione. Essendo polacco e parlando polacco, posso dirle che anche la conversazione domestica assume livelli davvero molto elevati. Ricordo che quando andavo in Polonia durante l’epoca del comunismo, era impressionante come fosse possibile riconoscere facilmente le persone di qualità da quelle che si adattavano al regime».
- Lei ha incontrato protagonisti di un’epoca apparentemente irripetibile, difficile un confronto tra quegli statisti e il nostro Renzi, per esempio.
«È assolutamente vero, e non so dirle se mai compariranno persone dallo spessore politico di Adenauer, per esempio. È la stessa domanda che posi a Giovanni Paolo II. Però chissà se in quel periodo ci rendessimo effettivamente conto della grandezza di certi protagonisti politici. Forse è il destino dei contemporanei quello di non accorgersi del valore di chi li governa».
- Lei parlerà di Polonia introducendo una serata sinfonica, come vede il ruolo della cultura polacca di oggi?
«La Polonia è forse il paese più europeo di tutti, ne fa parte geograficamente e culturalmente, pur se nell’immaginario collettivo legata al mondo slavo. Credo che paghi il prezzo di questa errata collocazione soprattutto nella letteratura percepita come esotica, strana. Autori di grandissimo pregio faticano a permeare il mercato. Eppure c'è tantissimo da scoprire».
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