In 260 scatti d’autore il paesaggio che cambia

La rassegna del Craf a Palazzo Tadea di Spilimbergo. Gli spazi delle città, il lavoro e la vita quotidiana

Alvise Rampini

Tra le tante diverse esperienze di indagine visuale dedicate al territorio e alle sue continue trasformazioni morfologiche e sociali, non vi è dubbio che quella messa in campo fin dai primi anni Novanta del secolo scorso in Emilia dall’associazione culturale Linea di Confine per la Fotografia contemporanea, spicca per lungimiranza e resilienza nel panorama della fotografia di ricerca non solo a livello nazionale.

Dal 1990, grazie alla preziosa sinergia tra l’associazione promotrice e la committenza pubblica, prevalentemente sul territorio emiliano, ma sconfinando spesso lungo la via Emilia o lungo la linea dell’alta velocità, interessando le regioni limitrofe, furono promossi con cadenza fissa degli organici progetti di rilevazione fotografica, volti a registrare i mutamenti del paesaggio, degli spazi della città, del lavoro e con essi anche delle abitudini sociali.

Coordinato da un gruppo di lavoro multidisciplinare, composto da fotografi, urbanisti e storici della fotografia, Linea di Confine ha promosso e realizzato 35 progetti d’indagine affidati ad autori di rilievo internazionale, ma anche a giovani artisti italiani che si sono affacciati al mondo della fotografia di ricerca.

Oggi il prezioso distillato delle 35 indagini fotografiche sul campo costituiscono un’imponente collezione di 3.500 fotografie depositate alla Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia e trasformate in programmi espositivi che a ogni tappa si arricchiscono di nuove acquisizioni, nuove letture dei singoli progetti e del loro straordinario contenitore.

Nasce così On borders / Sui confini 2, realizzato con il sostegno della Regione, del Comune di Spilimbergo e della Fondazione Friuli, visitabile fino al 15 marzo nelle sale di Palazzo Tadea a Spilimbergo, inserito nel ricco programma, coordinato da Andrea Pertoldeo, che il Craf dedica alla fotografia contemporanea.

La selezione pensata dai curatori storici, Ilaria Campioli, William Guerrieri e Monica Leoni, parte dai nove laboratori svoltisi fra 1989 e il 1999, che costituiscono simbolicamente il cuore e l’origine di questo programma.

Mirabile esempio di produzione culturale sul campo, questi primi progetti di indagine hanno coinvolto importanti artisti internazionali, sempre in dialogo con giovani autori e autrici provenienti dai luoghi oggetto di indagine. Professionisti del calibro di Lewis Baltz, Olivo Barbieri, Michael Schmidt, Stephen Shore e tanti altri, che hanno di fatto contribuito a fondare una nuova nozione di spazio nel paesaggio postindustriale, che ha generato produzioni fotografiche che negli anni a seguire hanno costituito un modello per un intero genere.

Il focus della mostra spilimberghese si divide in tre percorsi particolarmente emblematici.

In Via Emilia. Fotografie luoghi e non luoghi 1 e 2, del 1999-2000, gli autori interrogano l’identità dell’antica strada romana, oggi divenuta fondamentale infrastruttura per il flusso di merci e persone, condizionando gli assetti territoriali, mentre con Linea veloce Bologna-Milano, l’oggetto d’indagine è la tanto discussa linea ad alta velocità, che vede coinvolti professionisti come Tim Davis, Vittore Fossati, Guido Guidi, Walter Niedermayr e altri, che mettono in scena un vero e proprio racconto sui “territori della velocità”.

In Red Desert Now! l’interlocuzione è con l’omonimo film di Michelangelo Antonioni, Il deserto rosso, di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario, con l’intenzione, da parte degli autori coinvolti - Fabrizio Albertini, Luca Capuano, Alessandra Dragoni, Marcello Galvani, Allegra Martin, Francesco Neri, Andrea Pertoldeo - di esplorarne l’eredità visiva e l’attualità concettuale.

Complessivamente la mostra propone 260 immagini fotografiche, documenti analogici e multimediali, che forniscono un quadro esaustivo e stimolante su una delle esperienze più significative nel campo del medium fotografico declinato al servizio dell’indagine territoriale, dove lo sguardo è rivolto verso le aree marginali, ibride, i “non luoghi”, per usare una fortunata locuzione forse abusata, ma che ha radici lontane e facilmente localizzabili, ad esempio nel prezioso e pioneristico lavoro di Luigi Ghirri.

E oggi, anche grazie al monumentale lavoro di Linea di Confine e alla disponibilità delle istituzioni più illuminate, questa prospettiva, diventa patrimonio collettivo, anticipando nuove e sempre più inquietanti trasformazioni dei nostri spazi vitali, reali e virtuali.

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