Il Volo del jazz chiude a Sacile con in piano solo di Nik Bärtsch
Appuntamento alla Fazioli Concert Hall: un viaggio ipnotico tra minimalismo e tensione

Si chiude venerdì 5 dicembre con il minimalismo in piano solo di Nik Bärtsch, artista svizzero che ha sicuramente una sua nutrita folla di ammiratori e adoratori anche in Italia, la 21ma edizione del Volo del Jazz, storica rassegna che si tiene a Sacile e che si congeda segnata da numerosi sold out fra i concerti ospitati nel Teatro Zancanaro.
Come sempre, uno degli eventi del format proposto da Circolo Controtempo con la direzione artistica di Paola Martini, prevede un appuntamento alla Fazioli Concert Hall, atteso alle 20.45.
La collaborazione con la prestigiosa casa di pianoforti, partner fondamentale nel valorizzare l'ascolto più autentico, diventa il punto di partenza per raccontare un percorso che ha riunito sensibilità, linguaggi e pubblici in una stagione da ricordare. Nel piano solo del pianista svizzero si condensa infatti lo spirito del festival: rigore, movimento, trance, una ritualità moderna che vibra nell'essenzialità acustica dello strumento.
Bärtsch, architetto del suono nato a Zurigo nel 1971 e creatore della “Ritual groove music”, arriva a Sacile per condurre il pubblico un viaggio ipnotico che intreccia minimalismo, ritmo e spazi di silenzio carichi di tensione. È una musica che respira come un organismo, fatta di poliritmie, riduzioni sottili e variazioni minime che trasformano l'ascolto in un'esperienza quasi fisica.
Per apprezzarla è utile conoscere a fondo la sua figura artistica. I suoi pezzi, quasi sempre denominati “Modul”, nascono da un immaginario vasto, disciplinato e profondamente visionario. Per lui la musica è un vero e proprio modo di interpretare l'esistenza, e non sorprende che filosofia e riflessione estetica facciano parte del suo Dna culturale: ha studiato linguistica e filosofia e attualmente insegna estetica.
Anche la pratica dell'aikido, di cui possiede la cintura nera, contribuisce alla sua estetica sonora, influenzando il suo rapporto con il ritmo, il gesto e l'energia. Nik Bärtsch è difficile da rinchiudere in un'etichetta: provare a inserirlo nella contemporanea classica è fuorviante, ma qualunque categoria risulterebbe limitante. Il suo universo sonoro è troppo personale, troppo autonomo per essere incasellato senza tradirne l'essenza. Di fronte al pianoforte, Bärtsch si pone come se avesse un'intera orchestra tra le dita: da solo, ma con la forza e la complessità di un ensemble.
Il suo concerto chiuderà una stagione che ha raccolto consensi diffusi e una partecipazione costante e che accanto ai concerti ha messo in dialogo arti e generazioni grazie a un programma collaterale di presentazioni, narrazioni, percorsi visivi e una forte attenzione al territorio
Con Bärtsch il festival ritrova nel suono puro del pianoforte la propria cifra essenziale: un invito all'ascolto consapevole e un modo per chiudere il cerchio di un'edizione e salutare il pubblico con un ultimo gesto di intensità, affidando alla musica la capacità di creare connessioni che resistono al tempo e allo spazio.
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