Il ritorno di Johnnie To: «Ecco come giro un film»
La masterclass col regista che 19 anni fa realizzò a Udine Yesterday Once More

Del "Far East Film" Johnnie To è un amico vero. Non ci piove. E la prova è un film, ovviamente, “Yesterday Once More”, preistoria davvero (il prossimo anno saranno quattro lustri esatti dal ciak) una specie d’inchino alla nostra città, tant’è che To decise di girare un paio di scene in piazza San Giacomo e in via Muratti, dove — fra l’altro — i due ladri hongkonghesi rubano un anello in una gioielleria inventata per l’occasione.
Parliamo di lui non a caso.
In questi giorni Johnnie è a Udine e non soltanto per soffiare sulle candele del 25°. L’aspettava una masterclass, andata in onda ieri al Visionario, ovvero un’approfondita chiacchiera sul sistema cinematografico della casa e sui suoi derivati. Vale la pena ricordare alcuni dei cult movie del maestro: “A Hero Never Dies”, “The Mission”, “PTU” e “Breaking News”. Tanta roba.
L’occasione ha stimolato la proiezione di una pellicola del 2011, a firma sua, “Life Without Principle” (2011), ovvero Vita senza principi, avvincente miscuglio di generi con l’evidenza del dramma economico al tempo della crisi della Grecia.
E subito il regista ci spiazza. «In realtà io non so mai bene dove andrò a finire mentre giro: la sceneggiatura c’è, ma spesso subisce anche dei bruschi cambi di rotta. Quando ordino l’ultima “azione!!” anche la sceneggiatura è finita».
Poi, però, all’improvvisazione lui lascia zero spazio. «Ho sempre in mente quello che devo fare e gli attori devono seguirmi. Se qualcuno immagina una loro libertà d’interpretazione, sbaglia».
Quindi ci si sposta sull’argomento colonna sonora. «Regole scritte non ce ne sono — spiega — dipende dalla tonalità dell’opera. In alcuni film l’apporto musicale è determinante e quasi invasivo, in altri, come in “Vita senza principi”, praticamente nullo. Il ritmo della trama basta e avanza a stimolarti l’attenzione senza bisogno di supporti esterni».
Le due tematiche forti sono facilmente identificabili: la cupidigia e la disonestà di quasi tutti i personaggi. Alcuni sopravvivono nonostante abbiano imbrogliato, altri — altrettanto disonesti — no. Così va il mondo.
A Johnnie To sta a cuore Hong Kong, la sua patria. «Quello davvero che mi fa rabbia è la continua scomparsa di tanti patrimoni culturali della città a favore di nuove architetture moderne. In Europa c’è molto più rispetto per l’arte. È come se gli italiani cominciassero a distruggere Venezia. In quasi tutti i miei film cerco d’inquadrare edifici e monumenti che potrebbero scomparire in pochi anni».
Lealtà e rispetto. Fulcri del buon vivere civile. Ovunque sulla Terra. «Le vecchie generazioni fondano la loro esistenza sui principi, quelle nuove molto meno. O comunque dipende dal background familiare. Sbagliato omologare i comportamenti, qualche fortunata eccezione la si trova».
Mai chiedere a Johnnie qual è la pellicola alla quale è legato da un affetto particolare. «Insistono nel farmi questa domanda. Non c’è. Le amo tutte. E comunque il margine di miglioramento è ampio. I grandi vanno guardati e riguardati».
Il regista hongkonghese ha un particolare tenero sguardo per le giovani generazioni di cineasti. Con “Making Waves - Navigators of Hong Kong cinema”, un programma itinerante lanciato nel 2022, hanno guadagnato i riflettori già numerosi registi che hanno dimostrato una consapevolezza senza precedenti sulle questioni sociopolitiche.
E, infine, il mantra di Johnnie To: «Andare avanti. Anche quando cadi l’importante è non stare a terra. La speranza c’è, dipende sempre in che modo la percepiamo».
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