Il “lirico” Bergonzoni: «La poesia va cercata dentro noi stessi»

GIAN PAOLO POLESINI. Non sai mai dove ti porta quel ragazzo bolognese dai capelli arruffati. Una garanzia ce l'hai, comunque: di un viaggio nella parola, visto dal suo interno. Come dire la foto di un surfista che incanta l'onda mentre lo sovrasta. Angolazioni ardite.
È la specialità di Alessandro Bergonzoni, artista arioso: teatro, pittura, poesia; volendo aggiungere, anche se fuori catalogo, le corse con le supercar. Il Bergonza poeta, a dire il vero, è un affaccio nuovo, non nuovissimo, ma recente. L'amorte (Garzanti editore). Ovviamente il titolo assicura stupore, altrimenti non sarebbe Bergonzoni. Nemmeno regole, altrimenti non sarebbe Bergonzoni. Liriche da par suo, che disorientano, mantenendo equidistante il rapporto fra la vita e la comicità. Impensabile immaginare un altrimenti. Diciamo: una poetica calata nel presente, proiettata nel futuro senza radici nel passato. Facile, no? E NO citazioni, marchiamolo. «Dante?, può aver detto al massimo "passami il sale", anzi deve averlo detto». L'obiettivo è arrivare alla pazzia collettiva, purché pura. Il nostro è sulla porta del carcere circondariale di Pordenone con appresso una carretta di volumetti, L'amorte, appunto, da distribuire ai carcerati. Ieri sera, poi, l'abbraccio del teatro Verdi. Mille abbracci. Torniamo nel pomeriggio. «Sono luoghi da frequentare, magari andarci senza dirlo, è il mio lavoro. Le carceri come gli asili. Anche gli asili sarebbero da visitare. La poesia e la politica "nascono" là. Dobbiamo andare a parlare al poeta di domani, al carcerato di domani, al legislatore di domani, al calciatore di domani e spiegare loro il significato di corpo, di anima e di dignità».
L'amorte, allora, «racchiude - spiega Alessandro - i concetti intimi di amore e morte, la necessità di non legare la vita alla vita e la morte alla morte. È un lavoro asciutto - assicura lui - il piú traducibile che ho mai fatto, non troverete giri di parole, non troverete ambiguità. Io, in realtà, non sono un autore, ma un autorizzato e non sono uno scrittore, ma uno scritturato».
A ben guardarsi in giro non è che la lirica, intensa in quanto appunto lirica, respiri molto profondamente. Detto facile, la poesia non vive una gran gloria. «Comunque esiste - aggiunge Bergonzoni - e sta a noi captarla, accoglierla e farla abitare. Vero, non saranno mai gli anni suoi. Se invertiamo lo sguardo, però, scopriremo il valore urgente della poesia senza retorica, ovvero la presenza della poesia dentro un legislatore, uno studente, un uomo. Dentro un uomo, ecco. Avremmo leggi migliori, uomini migliori, una società migliore».
Ci vien voglia di aprirlo, L'amorte. E lo facciamo, spudoratamente. «Le donne piante, la geometria del chiudersi, una calza sul volto, per sembrare una gamba, le sei dei pomeriggi, bocche come reperto, mani stigmatizzate, il dato in pasto ai leoni, la clausura, l'usura, la statua di un crollo, un petalo per temporeggiare, la giovane scala che vede nascere il primo gradino. La condizione sa di non essere una sola quando tutto si avvera».
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