Il Friuli della ricostruzione e una bandiera: Zico

UDINE. I friulani sono descritti come introversi, solitari, diffidenti, silenziosi e così via. Insomma, ne esce l’etichetta del misantropo malinconico. Difficile allora immaginare un Friuli con la vivacità e l’effervescenza di un mondo sudamericano, cioè il massimo quanto a festosità allegra.
Eppure, tra le situazioni strane avvenute in questa terra di confine, sospesa tra l’Adriatico e il centro Europa (senza mai saper bene a quale universo appartenere), è successo pure che un brasiliano famoso, anzi il più famoso a quel tempo, si sia inserito benissimo, con una naturalezza sorprendente, accompagnando i friulani in anni decisivi per il loro destino.
Sembra una favoletta. Invece le cose andarono proprio così e lo si riscopre sfogliando le pagine di un testo che propone un viaggio tra le parole, le immagini e i ricordi su un periodo irripetibile.
A fornirne la traccia e gli spunti è Imara Bertossi, una giovane friulana appassionatissima della sua terra e anche di calcio, dunque di Udinese, che ha fatto di tali argomenti la preziosa materia per la tesi di laurea magistrale in storia all’università di Trieste.
Il titolo è “Una crescita parallela: il Friuli dopo il terremoto del 1976 e l’Udinese calcio” e ne è nata una pubblicazione ora edita grazie alla Provincia, il cui impegno viene così spiegato dal presidente Pietro Fontanini: «Questa ricerca ci permette di analizzare la rinascita di due modelli, quello sportivo e quello economico, indicando un minimo comune denominatore nell’aggregazione e nella solidarietà».
Il libro sarà presentato oggi alle 17 a palazzo Belgrado.
Come si nota, sono gli scenari tornati drammaticamente d’attualità in queste settimane con i terremoti che hanno devastato le zone del Centro Italia.
La ricostruzione friulana, 40 anni dopo, è stata di nuovo esaminata e analizzata nei dettagli come termine di paragone visto che si tratta dell’unico processo di rinascita virtuosa di cui il Belpaese possa vantarsi dopo una catastrofe.
Allora anche il testo di Imara Bertossi diventa significativo perché spiega cosa accadde nel 1976 in Friuli, come ci si diede da fare e pure (qui sta la singolarità del lavoro) l’importanza del fenomeno calcistico di allora.
Come afferma il professor Umberto Sereni nell’introduzione, per la prima volta si è cercato di capire quanto la passione condivisa attorno ai colori bianconeri sia servita a tenere insieme un piccolo mondo in affanno e a incoraggiarlo.
«Certo – scrive Sereni – è un nesso questo che all’osservatore esterno può risultare incomprensibile o addirittura preso come indice di scarsa maturità di una popolazione che si lascia abbagliare dagli inganni degli eroi calcistici, mentre la tesi di Imara risolve i pericoli di tali eventuali incomprensioni con argomenti persuasivi, che rimandano a quell’incandescente grumo di sentimenti e di ragioni, di vissuto e di immaginato, di memoria e di speranza, di storia e di futuro che si chiama Friuli».
Fu per tali motivi che a un certo punto, nel cammino di rinascita, i friulani si trovarono al loro fianco il signor Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico.
Poteva essere un marziano che sbarcava solo per denaro in mondi remoti e singolari, invece fu un abbraccio intenso e fraterno fra il numero uno nel calcio degli anni Ottanta e una terra che, dopo essersi rimboccata le maniche, chiedeva di poter sognare almeno un giorno la settimana.
Fu, dice il giornalista Ido Cibischino, come se una squadra tipo Sassuolo ingaggiasse oggi Messi o Ronaldo. L’impatto sensazionalistico e mediatico divenne enorme anche perché un nome da culto qual era Zico, lasciando una metropoli come Rio (e avete presente Rio?), veniva a vivere in una situazione di provincia che si stava leccando le ferite. Invece tutto funzionò benissimo, grazie a un legame nato ancor prima dello sbarco di Zico.
Tra le foto ormai entrate nell’immaginario dei friulani, c’è quella con il cartello “O Zico o Austria” innalzato da un bidello durante una manifestazione di piazza nel luglio del 1983 quando sembrava che la federazione mettesse il bastone tra le ruote.
Dunque calcio sì, ma non solo. Gli abbonati dell’Udinese erano 27 mila, lo stadio Friuli registrava ogni domenica pienoni da 45-50 mila spettatori. Un fenomeno sociale enorme, come mai si verificò più. In quegli anni così fragili poi...
La ricerca di Imara Bertossi va a scandagliare e a unire i tasselli intervistando tanti protagonisti fra allenatori (Giacomini e Ferrari), giocatori (Bertotto, Calori, Amoroso e Di Natale) e dirigenti di club.
Si chiarisce in tal modo il bel mistero di questa amicizia sull’asse Rio-Udine, anzi Rio-Orsaria perché lì ha sede il club bianconero che fin dal 1985 venne dedicato a Zico.
Rapporti che si sono mantenuti nel tempo e che, nei momenti difficili, possono sempre tirarci su il morale. Leggendo queste pagine si coglie il senso di una fase fondamentale nella nostra storia ed emerge il ritratto di un friulano estroverso, insolito, esuberante.
Un raggio di sole carioca ci aiutò molto, sul campo di calcio e fuori. Zico, con simpatia e straordinaria bravura, fece capire che siamo un po’ diversi (e migliori) rispetto a quello che pensiamo di noi. Mica cose banali.
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