Il film di Welles s’ispira alle comiche di Lloyd I Trailers/ Video

Stasera, in anteprima mondiale, l’inedito ritrovato “Too Much Johnson”, pellicola destinata al teatro ricca di misteri

Detto fra noi Too Much Johnson - l’effetto della prima di stasera rimbalza da mesi per il globo terracqueo - vale in quanto leggendario frammento plasmato da un genio, e deve essere pigliato per quel che rappresenta in realtà, ovvero cinema applicato al teatro. Peraltro mai mostrato, nemmeno nel 1938 quando doveva supportare una commedia di William Gillette, ridotta dallo stesso futuro firmatario di Quarto Potere. Isolato dal palcoscenico soffre di nostalgia, restando comunque imbullonato nell’arte visionaria di Orson Welles. E, per questo, un reperto archeologico da maneggiare con mascherina e guanto bianco. L’aver scoperto proprio nelle cantine di Cinemazero il carico di bobine che pareva disperso, fa pensare a una casualità non così casuale. Al primo sguardo s’ipotizza sia opera dell’omone del Kenosha; giunge la conferma, la pellicola va al restauro, l’annuncio al mondo.

Alle 20.45 di oggi, in un Verdi pordenonese già dichiarato sold out, lo studioso Paolo Cherchi Usai comporrà il puzzle corretto guidando il confuso spettatore. Welles, infatti, non fece il giro completo attorno al suo prodotto; lo montò, smontò e rimontò, ma - di fatto - non lo completò. In mezzo a molte incertezze, spunta una conferma. L’inusuale spirito comico, con serie ispirazioni alle slapstick di Mark Sennet e di Harold Lloyd. Infatti è un muto, pur con un calendario favorevole ormai al sonoro da un decennio.

Manhattan, giugno 1938. Mister Welles dichiara 23 anni, è padre di una bimba, Christopher (mah), è uno dei fondatori del Mercury Theatre e in più dirige un programma radiofonico della Cbs. Prima dell’estate Orson mette in cantiere la stagione autunnale di prosa e s’invaghisce di Too Much Johnson, il cui titolo ha un significato licenzioso, riferito ai genitali maschili. Gli frulla per la zucca un azzardato sposalizio, per allora: il cinema a teatro. Tre anni dopo girò Quarto potere, giusto per far capire quanto poco mancasse alla sua consacrazione universale. Il film va a rilento, l’ansia sale. Lui non è ancora Lui e non può contare su una società di produzione. L’affare si complica ulteriormente: questione di diritti non acquisiti. Poi la mazzata. Motivi tecnici impediscono la proiezione in teatro. Una jella. Be’, in compenso lo vedremo stasera noi e brinderemo alla sua, mister Welles.

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