Il cambiamento climatico sulle colline moreniche: servono azioni di difesa

Il libro degli esperti Walter Marangoni e Francesco Micelli. Così sta cambiando la fisionomia di borghi e campagne

Sarà presentato oggi, lunedì 26, da Diego Carpenedo alle 18 alla Fondazione Friuli il libro “Le colline moreniche del Friuli. Laghi, torbiere e zone umide” di Walter Marangoni e Francesco Micelli (edito da Gaspari).

L’intervento di Maria Amalia D’Aronco espone nell’introduzione le ragioni per cui l’Accademia udinese di Scienze, Lettere e arti ha pubblicato – avvalendosi delle immagini fotografiche di Diego Cinello – il testo di una conferenza discussa nelle letture dell’associazione.

L’interesse per il territorio non è nuovo nella storia dell’Accademia; ricordiamo che nell’Ottocento essa aveva affiancato l’Associazione agraria friulana fin dal suo sorgere, promuovendo interessi di geomorfologia e geografia, in generale a sostegno di un progresso dell’agricoltura e in prospettiva di una industrializzazione del Friuli.

Nel momento attuale il problema più urgente è rappresentato dal mutamento climatico che sottopone a forti pressioni il patrimonio ecologico. Ora l’attività scientifica deve imporsi nuove finalità, il discorso deve trovare fondamento su altre esigenze sociali e politiche. La regione nel suo insieme è esposta a gravi rischi ecologici; per superarli è necessario anzitutto differenziare le misure di difesa in rapporto alle condizioni ambientali, in rapporto – per citare Renato Biasutti, l’ecologista-geografo di San Daniele più importante tra gli italiani a livello nazionale – a distinti paesaggi naturali.

La collaborazione con Legambiente collinare, di cui Marangoni è presidente, ma soprattutto l’esperienza della Comunità collinare con sede a Colloredo di Montalbano, hanno convinto l’Accademia a intraprendere un nuovo cammino.

Orientamento e direzione sono quelli indicati da Titta Metus, serio federalista; da Luciano Di Sopra, geniale urbanista. Organizzare una regione significa riconoscere le sue articolazioni territoriali, sviluppare la partecipazione del sociale ai valori del territorio rispettandone la vicenda storica, l’eredità culturale. L’azione svolta sul piano politico, nonché lo studio dei dettagli storico-ambientali, di fatto hanno salvaguardato – almeno in parte – la fisionomia di borghi e campagne delle colline moreniche dai disastri che ognuno può guardare sconsolato percorrendo la Pontebbana da Udine a Collalto.

Il cambiamento climatico – tanto quanto avrebbe richiesto la concitata industrializzazione del dopoguerra e del dopo terremoto – necessita di azioni di difesa che assecondino le specialità dei luoghi. Momento ecologico e partecipazione sociale dovrebbero pertanto articolarsi in unità politicamente costituite. Ambienti e comunità devono rispecchiarsi, riconoscere le scelte della tradizione, non adeguarsi alle fredde indicazioni dell’intelligenza artificiale o peggio agli occasionali interessi dei partiti dominanti.

La Comunità collinare – almeno per lungo tratto e secondo il testo in questione – avrebbe perseguito dunque modalità positive e pertanto merita attenta rilettura. 

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