Houellebecq il “profeta”: l’Islam ci sottometterà

Il nuovo libro dello scrittore francese noto per le sue provocazioni
Di Domenico Pecile

È stato pubblicato in Francia lo scorso 7 gennaio, il giorno della strage di Charlie Hebdo. Ed è stata una sorta di funesta conferma per quanti sostengono che tra le pieghe di un disincantato nichilismo, alcuni romanzi di Michel Houellebecq abbiano quasi una valenza profetica, che va ben oltre la sua conclamata propensione per la polemica e la provocazione.

Eppure, in “Sottomissione”, la verve di Houellebecq – che alcuni critici definiscono geneticamente pessimista – non trascende mai, resta sempre dentro il solco del consueto, del “normale”, obbligando il lettore, pagina dopo pagina, a una riflessione pacata da cui nessun europeo dovrebbe sottrarsi. E dico europeo perché la vicenda narrata si svolge nell’europeissima Francia del 2022, al termine cioè del secondo mandato da presidente di Francois Hollande.

Lìautore gigioneggia cioè tra ipotesi e realtà, tra presente e un futuro tutto da decifrare. E lui lo decifra ipotizzando una lenta, graduale, indolore, masochistica sottomissione allìincipiente islamizzazione della Francia e del vecchio Continente

In breve, al secondo turno delle presidenziali, “Fratellanza musulmana”, che deve giocarsela contro il Front National di Marine Le Pen, può contare sull’alleanza con il Partito socialista francese, con l’Unione per un movimento popolare e con l’Unione dei Democratici e Indipendenti. Un patto politico che consente a Mohammed Ben Abbes, musulmano di seconda generazione, di diventare presidente della repubblica e di imprimere una svolta graduale, tanto silente quanto inesorabile verso l'islamizzazione del Paese.

E in tutto questo – ed è il vero dato su cui l’autore vuole evidentemente farci riflettere – non c'è nulla di violento, di imposto, di militaresco. Non c’è neppure ombra di quella sindrome di Stoccolma che potrebbe far pensare a una sorta di “innamoramento” dei francesi per i loro possibili, futuri carnefici. No, nel romanzo la deriva islamica avviene in maniera soft, senza strappi apparenti. Avviene in maniera persuasiva con un atteggiamento dei francesi che è a metà tra il rassegnato e l’accondiscendente, a riprova della confusione culturale in cui è finita la nostra vecchia, cara Europa. Insomma, non c’è nessuna conversione, ma soltanto – appunto – una graduale sottomissione. Un’autosottomissione a una civiltà più “fresca” perché consapevole di gareggiare con quello che rimane della culla dell’illuminismo con tutte le deviazioni presuntuose.

Il protagonista del romanzo, Francois, studioso e appassionato del decadente Huysmans, è un professore 43enne, nichilista e in grado soltanto di raggranellare una quotidianità fatta di una buona dose di autocompiacimento disfattista e di effimere alleanze della carne a sottolineare la fine della coppia monogamica così come l’ha intesa per secoli l’Occidente. Francois alla fine si convertirà all’Islam per puro interesse, senza farsi grandi domande ed eludendo dubbi e interrogativi su un futuro zeppo di incognite e di angoli tristemente bui.

No, “Sottomissione” non è soltanto uno scenario fantasioso frutto dei capricci di uno scrittore con amore bipolare rispetto all’umanità. Sottomissione è una provocazione che, credo di percepire, ci invita a uscire dai sensi di colpa nei confronti di una civiltà che – fa capire Houellebecq, potrebbe – e forse lo sta già facendo – approfittare della nostra stanchezza morale e dalla negligenza di non voler ritrovare la forza di un tempo nell’esplorare il possibile, rimanendo ancorati a quei principi che ci hanno fatti uscire dal tunnel di due mattanze mondiali.

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