Gorizia celebra Sergio Altieri prorogata la mostra antologica
Licio Damiani
È in corso a Palazzo Attems di Gorizia, la mostra antologica (prorogata fino al 19 agosto) di Sergio Altieri, personaggio d’aspetto ancora giovanile nonostante i suoi 88 anni, alto, slanciato, dal parlare sommesso, riflessivo ed elegante.
I suoi quadri sembrano arieggiare l’atmosfera di sogno fragrante d’accordi sospesi, lievi. Il loro mondo possiede il magnetismo velato di certi racconti di fate, come immaginazioni portate al presente, storie narrate dall’interno della coscienza con un tempo mentale. Nel pieno degli anni del Neorealismo friulano il pittore mediava le proprie fantasie attraverso le cantate popolari e i turbati idilli di una “meglio gioventù” pasoliniana, nelle riletture dei lunghi viaggi per mare di Eugen O’Neal con le rapsodiche immagini notturne della versione filmica datane da John Ford in Lungo viaggio di ritorno, e nelle feste di paese d’impronta naiv, mentre gli amanti di Jacques Prévert, fattisi abbracci di fantasmi incarnati di rosa fosforescenti, di azzurri carichi di vento, di guizzi di blu e di verdi umidi e smaltati su fondi bruno bruciato, di violetti fosforescenti, fra un annodarsi di linee ondose accennanti a colline illuminate da teneri bagliori, portano impresse orme di nudi femminili modellati dalla nostalgia. Le Venezie, i dipinti ispirati alle Confessioni di un ottuagenario del Nievo, sono intrisi di un respiro vasto, sulla misura dei cielo, con le figurette avvolte da un tepore e da un vapore che sa di morbido e di umido, investite da una luce di natura teatrale in cui il reale sfuma nell’indefinito. Altieri come Giambattista Tiepolo, inventore di un mondo coerente e inabitabile, seducente e irraggiungibile, per il quale il colore e le fantasmatiche forme, che paiono evocare le « meravigliose vestaglie di crêp de Chine o di seta, rosa antico, ciliegia, bianca, malva, verde, rossa di Odette», la protagonista della Recherce di Marcel Proust, finiscono per rivelare una crisi d’identità di timbro mitteleuropeo.
I “fantasmi incarnati” che animano le Letture nel parco, con l’elegia del colore veneto travasato in una dimensione onirica, i fantasmatici, inquietanti, Ritratti di bambina e i cicli di Mozart, di Come una musica lontana, di Amanti in collina, roridi d’una sostanza e d’un pathos agresti, sono intrecciati di personaggi simili a quelli che nei finali delle commedie goldoniane messe in scena da Giorgio Streher si trasformavano in selve di ombre capaci d’intessere trame arcane e di suscitare emozioni.
Questi fantasmi ricompaiono nel grande fregio ispirato al Frontone Ovest del Tempio di Zeus a Olimpia raffigurante la Lotta fra Centauri e Lapiti. La composizione ellenica narra la vittoria di civiltà fra l’antico popolo della Tessaglia, i Lapiti, e gli esseri mostruosi per metà uomini e per metà animali che nell’immaginario greco erano sinonimi di barbarie. Altieri accentua il magma feroce e agitato dello scontro. I colori vanno dai bruni ai bianchi ai grigi caldi, a qualche tratto scuro, a lievi passaggi avana. Una sorta di cantata epica che si disfa sul metro del ricordo. —
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