Frecce Tricolori, l’ex comandante della Pan si racconta: "La mia dichiarazione d'amore per il volo"

Il libro di Jan Slangen, edito da La Nave di Teseo, in libreria da giovedì 11 aprile. L’acrobazia più difficile? «La bomba, la figura in cui ti ritrovi da solo per pochi secondi ed è facile trovarsi in difficoltà dal momento che tutti i nove velivoli devono arrivare nello stesso tempo»

Basta indossare le ali una volta per non perderle più. Perché «il volo è per sempre». A chi è abituato al cielo, quando torna a terra manca l’aria. E «più il rombo dei motori, fuori, si allontana, più la loro voce, dentro, si fa forte». Cresce ed è impossibile scacciarla. È un richiamo. Quello che ha spinto l’ex comandante delle Frecce Tricolori Jan Slangen a lasciare l’Aeronautica militare, a tornare a volare come pilota commerciale e a scrivere il libro “Volare alto. Appunti sulla felicità di un pilota delle Frecce Tricolori” (La nave di Teseo) in libreria da giovedì, 11 aprile.

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Un libro che è «una dichiarazione d’amore» per il volo, per il «senso che ha dato e continua a dare alla mia vita dal momento - ormai più di vent’anni fa - in cui ho varcato i cancelli dell’Accademia e ho messo i piedi su un aereo». Ma già a 13 anni «quando un aeroplano rivelava per la prima volta la sua presenza sul radar della mia coscienza». Era il 28 agosto 1988 e alla tv aveva assistito all’incidente di Ramstein.

Volare è vivere, è sognare, è crederci, è sfidare i propri limiti per oltrepassarli. È passione che continua ad alimentarsi, è equilibrio, è felicità. Slangen racconta la sua storia. Che è la storia di un bambino curioso che arriva a guidare la squadra di piloti più ammirata al mondo, di un pilota, di un uomo dai grandi valori, quelli che gli hanno tramandato i genitori, quelli dell’Aeronautica in cui crede fortemente, di un comandante con la consapevolezza «di aver dato il mio piccolissimo contributo a qualcosa che appartiene a tutti come le Frecce, simbolo dell’eccellenza italiana». Con la capacità di unire lo spirito di sacrificio, l’impegno e la preparazione «a quella leggerezza che ti consente di fare qualcosa di straordinario senza soffermarsi troppo sulla difficoltà».

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L’acrobazia più difficile? «La bomba, la figura in cui ti ritrovi da solo per pochi secondi ed è facile trovarsi in difficoltà dal momento che tutti i nove velivoli devono arrivare nello stesso tempo». C’è l’amore per il volo, ma c’è anche l’amore per una terra, il Friuli. Dove Slangen ha deciso di fermarsi e vivere con la sua famiglia in provincia di Udine. «Quando mi dissero che dovevo andare a Rivolto andai a cercare dove fosse sulla cartina – racconta – ma ben presto il Friuli è stato una scoperta bellissima.

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È una terra di confine che ti offre il mare e la montagna a una distanze breve e i friulani sono persone splendide che sanno aprirti il loro cuore. E poi c’è un legame fortissimo nei confronti delle Frecce, è come se fosse qualcosa che esiste da sempre e questa vicinanza l’ho sentita tantissimo, anche nei momenti difficili. Ogni volta che c’era da dare mi sono sentito sempre in debito, ho sempre ricevuto tanto». Il volo è una vocazione che l’ha spinto a riaprire le “sue ali”. Lui, abituato a sfrecciare fra le nuvole. Lo diceva anche Archelao di Mileto che la sostanza di cui tutto aveva avuto origine era l’aria. Strani casi del destino. Quel filosofo a cui era intitolata la via in cui Jan risiedeva da bambino nel quartiere di Casal Palocco a Roma non sbagliava affatto.

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