Francesco Giuseppe gridò ai felloni, oggi nessuno ricorda piú

VIENNA. Se chiedete a un austriaco che cosa gli ricordi il 24 maggio, non saprà rispondervi. Forse non avrete risposta nemmeno da molti italiani. Ma in Austria la data che segna l’ingresso in guerra...

VIENNA. Se chiedete a un austriaco che cosa gli ricordi il 24 maggio, non saprà rispondervi. Forse non avrete risposta nemmeno da molti italiani. Ma in Austria la data che segna l’ingresso in guerra dell’Italia oggi non dice assolutamente nulla. Nel maggio di cento anni fa l’impero austro-ungarico stava già combattendo da undici mesi. L’attacco dell’Austria alla Serbia era stato sferrato il 28 giugno del 1914. Per gli austriaci, dunque, il centenario di quell’ “inutile strage” è stato ricordato lo scorso anno, con dovizia di mostre, convegni e pubblicazione di libri. Quest’anno si pensa ad altro, al 150.mo anniversario dell’inaugurazione della Ringstrasse, per esempio, o all’Eurovision Song Contest.

Non cosí cento anni fa. L’intervento dell’Italia segnò profondamente il corso del conflitto. Nel maggio 1915 l’Austria era in guerra da quasi un anno e aveva già subito perdite ingentissime. Tutti i quadri con cui il suo esercito aveva iniziato le ostilità erano morti o feriti, sostituiti da giovani leve, senza esperienza di combattimento. Tra le vittime, molti sudditi austriaci di nazionalità italiana della contea di Gorizia e Gradisca e del litorale, morti sul fronte galiziano e dimenticati per quasi un secolo come caduti di serie B (ancor oggi il Comune di Cervignano si rifiuta di rendere loro omaggio con un monumento degno di questo nome, che uno sculture locale ha messo gratuitamente a disposizione). L’esercito imperial-regio che gli italiani si trovarono di fronte era dunque un esercito già fortemente provato. Come se l’Udinese scendesse in campo per affrontare una squadra che ha già giocato un primo tempo contro altri avversari e ha sostituito con le riserve giovanili i suoi uomini infortunati.

La dichiarazione di guerra, presentata il 23 maggio, fu interpretata allora - e questa interpretazione è rimasta fino a oggi nella memoria collettiva degli austriaci - come l’atto proditorio di un alleato. È compito degli storici stabilire se le cose stiano proprio cosí. L’Italia era legata all’Austria-Ungheria e alla Germania nella Triplice alleanza, ma il Patto di Londra, per quanto segreto, e la decisione dell’Italia di schierarsi con i Paesi dell’Intesa non fu una sorpresa per nessuno. Il governo austriaco e lo stato maggiore del suo esercito erano ben consapevoli di questa eventualità. I servizi segreti austriaci, coordinati dall' “Evidenzbüro”, tenevano da tempo sotto controllo le nostre forze armate. Che sia stata l’Italia a dichiarare decaduta la Triplice alleanza e non l’Austria è soltanto un caso. Il generale Conrad von Hötzendorf, capo di stato maggiore dell’esercito austro-ungarico e futuro feldmaresciallo, da anni insisteva con l'imperatore per una guerra preventiva contro la Serbia e contro l’Italia. La diffidenza era reciproca. Insomma, la scelta dell’Italia di entrare in guerra contro l'Austria non fu una sorpresa, ma fu presentata come tale. La stampa di Vienna e di tutti i cosiddetti Paesi della corona ne diede l’annuncio già il giorno 24 maggio (la dichiarazione di guerra era stata presentata il giorno prima) con il manifesto dell’imperatore Francesco Giuseppe, che incomincia con le memorabili parole: «Ai miei popoli! Il Re d’Italia mi ha dichiarato guerra. Una fellonia, di cui la storia non conosce eguali, è stata commessa dall'Italia nei confronti di entrambi i suoi alleati». A ben vedere, il manifesto imperiale segna la fine di un mondo e l'inizio di un mondo nuovo. Appartiene al passato la concezione tipica di Francesco Giuseppe che la guerra sia una questione tra case regnanti. Ma nelle righe che seguono c'è già il germe di quella propaganda di guerra che diventerà nel tempo sempre più importante, sul fronte interno e su quello esterno, come i video diffusi ai giorni nostri dall'Isis dimostrano. E anche l'Isis, come il vecchio imperatore, invoca il "Dio onnipotente" per mandare i suoi popoli al massacro.

(ma.di.bla.)

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