Equivoci e piccole menzogne: Max Pisu racconta come siamo sinceramente bugiardi

La commedia del cabarettista in scena per tre serate in Friuli: si parte venerdì 21 novembre al teatro Candoni di Tolmezzo

Gian Paolo Polesini
Il cabarettista Max Pisu ©Laila Pozzo
Il cabarettista Max Pisu ©Laila Pozzo

L’equivoco, se usato bene a teatro, elargisce coinvolgimento. È uno stratagemma che veste la commedia brillante dove il traffico scenico è da ore di punta. In “Sinceramente bugiardi”, firmato dallo specialista londinese Alan Ayckbourn, l’ingorgo umano è corposo: un uomo brizzolato gestisce una moglie e un’amante, ma la ragazza, a sua volta, ha un fidanzato.

«L’uomo attempato sono io», dice Max Pisu, che dal cabaret televisivo ora predilige la prosa meglio se divertente e piena di vita. «Tutti tradiscono tutti, ed è un atteggiamento senza riferimenti temporali — spiega — ogni epoca vanta le proprie infedeltà».

Con l’Ert la pièce arriverà in Friuli il 21 novembre a Tolmezzo. Seguiranno Lestizza, il 22, e Premariacco, il 23. Per tutti l’inizio sarà alle 20.45.

Arriva la leggerezza e ben venga: ne abbiamo bisogno. Dunque Pisu, nella sua casa di finzione accade un pandemonio.

«Se il moroso della mia amante non l’avesse seguita fino in salotto, il mio personaggio avrebbe vissuto momenti decisamente più sereni, invece il destino avverso si è divertito a soffiare sulle braci provocando un incendio. Gli abitanti della storia faranno finta di niente, che poi è un atteggiamento comune: ci si nasconde, nessuno ha il coraggio di dichiarare la verità ed ecco che, così facendo, sale l’imbarazzo. Atteggiamento da evitare nella realtà, ma sul palco è uno schema ideale per affascinare la platea».

Per la prima volta lei avrà al fianco un attore particolare, ovvero suo figlio Matteo.

«Una gioia immensa poter condividere il mestiere che lui si è scelto senza che io ci mettessi becco. Per inquadrare la storia: Matteo è il fidanzato della mia amante, Valeria Lo Verso, che poi nella vita è veramente la sua fidanzata. Non bastava il caos nella finzione, siamo stati capaci di inventarcelo pure fuori».

Una scelta sua quella di dialogare con il sangue del suo sangue?

«In realtà no. L’input arrivò da Antonio Syxty direttore artistico di MTM, che già maneggiò il testo in passato. “Sarebbe carino che Matteo interpretasse il rivale”, mi disse, idea poi sostenuta dal regista Marco Rampoldi, e così è stato deciso».

A quanto so la commedia è calda, appena uscita dal forno. Nel senso che comincia ora il lungo cammino attraverso i teatri della Penisola.

«È corretto. Felici di poter inaugurare la tournée in Friuli, una terra notoriamente competente. Sarà un test importante per noi».

Lei dice le bugie?

«A volte sì, ma le bianche, però».

Certo, le innocenti diciamo. Le bugie a fin di bene.

«Proprio quelle».

Siamo negli anni Sessanta, la musica dei Beatles risuona dappertutto, l’Italia vive il decennio migliore del Novecento. Max, essendo nato nel 1965 si è perso la parte migliore.

«L’eco poi ha sbattuto sulle pareti del futuro e lì io c’ero. Qualcosa ho inalato, certo. Soprattutto in questo allestimento molto attento ai particolari. D’altronde il commediografo londinese la scrisse nel 1965, proprio quando io nascevo, con il titolo originale di “Meet My Father”. Noi l’abbiamo ovviamente ritoccata e così il fondale è diventato Stresa. Svelo una curiosità: in ogni città cercheremo di adattarla al territorio. Il pubblico apprezza il coinvolgimento».

Che è successo all’Amore?

«Nel senso?»

Lo trova cambiato rispetto al passato che voi celebrate?

«Oddio, sicuramente l’egoismo è salito in quota. Ognuno fa i suoi conti e il resto poi si vedrà. I social, per carità, stanno rendendo tutto più difficile e mancano la pazienza e il rispetto. I nostri genitori magari esibivano il cosiddetto magone, ma lasciavano che le cose si rimettessero a posto da sole. Adesso appena qualcuno dei due percepisce un minimo di disagio se ne va e fine della storia».

Anche il cabaret non sta benissimo mi pare.

«Dinamiche diverse in un mondo ribaltato. I comici vanno sul web e in tre minuti se l’asciugano. Qualcuno di loro tenta il live ma non riesce a tenere su un’ora, abituato com’è a risolvere lo sketch da velocista e non da maratoneta. E se non andavi bene, ai miei tempi, ti tiravano la verdura. Veramente, dico, e dai lanci capivi se avevi scelto la strada giusta. Oppure no».

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