Elio Bartolini, lo scrittore vissuto per la parola

di PAOLO MEDEOSSI
Formidabili gli anni Novanta! Essere un po’ nostalgici è quasi un dovere morale se si parla, per esempio, di letteratura friulana. Nel novembre del 1998 la Mondadori pubblicò in rapida successione le nuove opere dei tre maggiori nostri scrittori di allora, Elio Bartolini, Carlo Sgorlon e Paolo Maurensig. Eventi contemporanei ai quali Mario Turello, critico letterario e saggista di punta nell’osservare e nello spiegare ciò che accade fra Udine e dintorni, dedicò un circostanziato articolo uscito sulla “terza pagina” (la si chiamava ancora così) del Messaggero Veneto.
Nel caso di Bartolini non era un romanzo, bensì una straordinaria biografia su un personaggio che lo ammaliava tantissimo pur ammettendone la distanza siderale, Giacomo Casanova. Quel libro, disse Turello, rappresentava «il frutto perfetto di una lunga, laboriosa dedizione, mirabile per completezza d’informazione, per penetrazione empatica, per intelligenza e intuizione interpretativa e, non di meno, per i pregi dello stile bartoliniano per cui tutto si riveste d’eleganza, ricchezza e genio». Citazione, questa, tratta da un nuovo libro appena edito dal Circolo culturale Menocchio e che si intitola “Vissuto per la parola. Omaggio a Elio Bartolini”.
Nelle sue 190 pagine, Turello ha riunito gli articoli, le recensioni, le interviste e i piccoli saggi pubblicati in vent’anni, a partire dal 1996, sul grande intellettuale di Santa Marizza di Varmo, per ricordarlo a un decennio dalla scomparsa.
Il viaggio letterario comincia con la raccolta delle “Poesiis protestantis” e si conclude con la voce redatta per il “Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani” mettendo insieme giudizi critici, sguardi e intuizioni che confermano la nota capacità di Turello «nello sminuzzare e nel ponderare ogni frase e ogni verso di un libro» (come notava di recente il poeta Pierluigi Cappello in un affettuoso testo a lui dedicato) fornendo in tal modo chiavi di lettura utilissime allo stesso autore, che quindi viene sollecitato e confortato nel sentirsi parte di una comunità letteraria. Compiti precisi e importanti, ai quali da sempre deve attenersi una critica seria, preparata e affidabile cui non si chiede il semplice consenso, bensì le indicazioni necessarie per poter crescere con forza e originalità.
Turello scrisse parole intimamente commosse in morte di Elio: «Piango l’uomo, l’amico, e vorrei celebrare lo scrittore, tra i nostri forse il più grande. Non il più popolare: troppo densi di idee i suoi romanzi, e spesso impervia la sua prosa. Bartolini aveva la sensibilità del filologo, la scienza dello storico, il gusto del narratore critico e ironico, la lucidità dell’intellettuale autonomo. Ma fu con la poesia che espresse i suoi moti più privati, e quelli più universali». E poi ancora: «Il Friuli (non solo, ma soprattutto) gli deve molto, e troppo poco sinora gli ha dato. La laurea honoris causa e il premio Ventaglio d’argento lo hanno reso felice, soprattutto, diceva, per averli ricevuti a Udine, città che egli amava, e da cui si sentiva amato. Bisognerà ora che il grande corpus che ci lascia trovi la giusta collocazione nel quadro della letteratura italiana: a questo legittimamente aspirava».
Auspicio del 2006, che resta ancora d’attualità. L’omaggio rappresentato dal nuovo libro arriva dal meglio che il Friuli culturale possa proporre, comprendendo in ciò sia l’autore Mario Turello sia il Circolo Menocchio, sempre fondamentale nello scandagliare l’universo dei microcosmi. Questo è un ricordo sincero e intelligente, rispettoso dell’arte di Bartolini, di cui merita citare almeno una frase contenuta in “Pontificale in San Marco”, il suo capolavoro: «È la gratuità il postulato primo di ogni perfezione». Parole di un maestro unico e generoso, che ci manca tantissimo.
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