Dalla Guerra fredda ai conflitti dei giorni nostri: 40 analisti a convegno
Dal 9 all’11 marzo a Udine e Gorizia gli incontri di FriuliStoria con Uniud e Università di Harvard. Sarà anche presentato il progetto Frontiera Est sulla valorizzazione delle opere difensive in Fvg

«Due progetti legati alla Guerra fredda, su due diversi binari che devono procedere insieme per offrire punti di vista diversi: quello della ricerca scientifica e quello della divulgazione». Così il direttore scientifico di Friuli Storia, Tommaso Piffer, ha annunciato ieri a Palazzo Florio a Udine un doppio programma di eccellenza: Forum internazionale e Frontiera Est.
Su un binario il convegno internazionale “Terre di confine. Dalla Guerra fredda ai conflitti dei nostri giorni” che si svolgerà a Udine e a Gorizia dal 9 all’11 marzo.

Un osservatorio storico proiettato sul nostro tempo. Un think tank di 40 autorevoli analisti, articolato in 8 percorsi tematici, si confronterà sulla storia e sul ruolo chiave delle zone di confine durante la Guerra fredda in Europa e in Asia, analizzando implicazioni militari, economiche e sociali ed eredità nella realtà odierna sino agli attuali scenari. Il Forum è realizzato da Friuli Storia, che suggella una partnership tra Uniud e Università di Harvard, con il contributo di Regione Fvg, Fondazione Friuli, Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e Comune di Udine, in collaborazione con Rai Fvg.
Mark Kramer, direttore del Centro Studi sulla Guerra fredda di Harvard, ha focalizzato le finalità del Forum: «Esaminare nel mondo di oggi le conseguenze della storia dei confini in Europa e in Asia durante la Guerra fredda, ma anche indagare differenze e somiglianze tra zone di conflitto nell’Asia nord-orientale, tra le due Coree, tra la Cina e l’Unione Sovietica prima, e la Russia poi, e anche tra la Cina e il Giappone».
E sarà proprio Mark Kramer a inaugurare il Forum, giovedì 9 marzo alle 18 in castello a Udine, con la lectio aperta al pubblico sul tema portante del progetto, fra indagine storica e implicazioni geopolitiche. Chiuderà i lavori, sabato 11 marzo, l’accademico Charles Maier, professore di Storia europea ad Harvard.
Spiega il professor Piffer, direttore scientifico del Forum: «La tre giorni di marzo apre uno sguardo retrospettivo sulle terre di confine nell’Europa centro-orientale, ma anche nella vasta area eurasiatica, andando alle radici dei conflitti che stiamo attraversando. Fu all’alba della Guerra fredda che Stalin decise di espandere i confini dell’Ucraina perché fungesse da cuscinetto contro l’Occidente, favorendo una forte emigrazione russa nelle zone orientali del Paese per presidiare il controllo sovietico in quelle zone».
Sull’altro binario correrà “Frontiera Est”, in collaborazione tra Uniud e Friuli Storia, con il sostegno di Regione Fvg, Fondazione Friuli e Fondazione Carigo. Un progetto pionieristico per la valorizzazione storica delle strutture difensive della regione, stimate in oltre 1300, realizzate negli anni ‘40 (Vallo del Littorio) o approntate dalla Nato, ricavate sotto le montagne dell’arco alpino o mimetizzate nei centri urbani, soprattutto nella piana di Gorizia e nelle Valli del Natisone.
Solo 4 sono state finora recuperate: una struttura del Vallo del Littorio (le opere 2 e 3 dello sbarramento Invillino Ovest a Villa Santina, gestite dall’Associazione Friuli Storia e Territorio) e due strutture del Vallo riadattate dalla Nato negli anni ‘50 (opera 4 dello sbarramento di Ugovizza-Nebria nel Comune di Malborghetto-Valbruna e opere 1 e 2 dello sbarramento di Passo Monte Croce Carnico a Paluzza, rispettivamente gestite da Associazione Landscapes e Assfn-E), oltre a una struttura originale Nato, il Bunker San Michele nel Comune di Savogna d'Isonzo, curato dall’Associazione nazionale Fanti d'arresto.
Si tratta di un patrimonio eccezionale. Il Fvg è l’unica regione in Europa con artefatti riconducibili ai tre grandi conflitti del Novecento: le due guerre mondiali e la Guerra fredda. Primo passo per la valorizzazione sarà, il 21 marzo, l’inaugurazione del portale frontieraest.it per uno screening immersivo delle strutture difensive attualmente visitabili nell’estremo Nord-est d’Italia con materiale documentale e fotografico.
Laura Pani, vice direttrice del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale Uniud, ha sottolineato due vocazioni, sia del progetto che del dipartimento (riconosciuto “di eccellenza” dal Ministero dell’Istruzione per la seconda volta consecutiva): «Quella internazionale, che guarda lontano, e quella territoriale, che guarda vicino».
Paolo Petiziol, presidente del Gect Go e dell’associazione Mitteleuropa, ha rievocato una vecchia cartina della contea di Gorizia e Gradisca, un francobollo d’Europa plurilinguistico e di eccezionale ricchezza culturale, sottolineando la magia della parola “confini” che «deve sollecitare i cervelli degli esperti e il nostro cuore».
L’assessore Tiziana Gibelli, auspicando una maggiore attenzione rivolta allo studio della storia contemporanea nelle scuole, «strumento indispensabile all’autoeducazione», ha indugiato sulla “specialità” della Regione Fvg: «Terra di incrocio cruento, e poi tacito e subìto con la Guerra fredda, ma anche crocevia di 4 lingue e, oggi, di idee e popoli pacifici che devono poter passare da questa porta dell’Occidente».
Soddisfazione è stata espressa anche dal direttore di Fondazione Friuli, Luciano Nonis, dal presidente di Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, Alberto Bergamin, e dal direttore della sede Rai Friuli Venezia Giulia, Guido Corso, che hanno aderito con entusiasmo ai progetti.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto