Dalla Corea con terrore il successo planetario del cattivo “Squid Game”

Su Netflix le nove puntate del regista Hwang Dong-hyuk Gioco mortale in cui è in palio un’enorme somma di denaro
Gianmatteo Pellizzari



Nel 2012, con “Silenced”, ha vinto il Far East Film Festival di Udine. Adesso, con Squid Game, ha vinto tutto. Davvero tutto. Hwang Dong-hyuk non è solo riuscito a terremotare Netflix, e già basterebbe, ma è anche riuscito a sferrare il colpo di piccone decisivo. Quello che ancora mancava, al meraviglioso cinema sudcoreano, per abbattere il muro occidentale sbrecciato da Bong Joon-ho. Se “Parasite” ha raggiunto il grande pubblico, dimostrando che l’Asia non è poi così lontana, Hwang Dong-hyuk ha raggiunto la massima viralità: Squid Game imperversa dovunque, monopolizza i dibattiti, genera parodie e tormentoni, detta perfino la linea sul fronte della moda e dell’arredamento.

Come fa una serie a diventare un fenomeno planetario? I fattori, ovviamente, sono tantissimi, non ultima una congiunzione astrale propizia, e spesso il boom può risultare incomprensibile. Non è il caso di “Squid Game”, nove puntate che impongono tassativamente il binge watching per compattezza narrativa, tensione, divertimento, cattiveria (scegliete l’ordine). Hanno scritto che la storia deriva da mille altre storie, e individuarne gli spunti non richiede fatica, però non lasciatevi condizionare: la forza di Hwang Dong-hyuk abita dentro la capacità di spiazzare. Di sorprendere. Specie, va detto, gli spettatori poco avvezzi alla fertilissima fantasia orientale. Visivamente ultrapop e filosoficamente orwelliano, “Squid Game” parla di ricchezza e povertà (le fondamenta di “Parasite”) attraverso la metafora del gioco. Un gioco mortale i cui concorrenti, oppressi dai debiti, dagli usurai, dalla fame, si contendono una gigantesca somma di denaro. Quanto costa una vita umana? Noi non aggiungiamo nemmeno una parola, voi state attenti agli spoiler: i social, in questi giorni, sono molto più pericolosi di un campo minato. —

Squid Game, regia di Hwang Dong-hyuk, con Lee Jung-jae, Jung Ho-yeon, (Corea del Sud, 2021)



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