Da Noschese a Brachetti: Raffaele sintetizza il gran varietà italiano

GIAN PAOLO POLESINI. La confusione dei ruoli è un malanno contemporaneo, sotto il palco. Se lo porti su, be’, potrebbe sorprenderci. I punti di vista stravolgono le prospettive, è risaputo. Senza...
Di Gian Paolo Polesini

GIAN PAOLO POLESINI. La confusione dei ruoli è un malanno contemporaneo, sotto il palco. Se lo porti su, be’, potrebbe sorprenderci. I punti di vista stravolgono le prospettive, è risaputo. Senza intraprendere viaggi psicanalitici, ma agguantando semplicemente la logica teatrale, Virginia Raffaele è la sintesi che abbatte il problema. Inimitabile. E con ciò potremmo pure finirla qui. Una parola riassuntiva che ne contiene delle altre: irraggiungibile, magnetica, multitasking. Tanta roba. Virginia è il riassunto della storia italiana del trasformismo, da Alighiero Noschese ad Arturo Brachetti. Con uno spruzzo persino di Totò, guarda te. Performance si riprende l’artigianato di una volta: cuciture a mano, stoffa ben tagliata, forbici che modellano. La televisione, la Raffaele, ce l’ha presentata nei tempi e nei modi congeniali al mezzo. Tre minuti e arrivederci. L’ora e quaranta di palco solo avrebbe potuto decretarne la fine come l’apoteosi. Teatro Contato Comico l’ha scelta, il Giovanni da Udine si è riempito in fretta nemmeno fosse un rifugio antiatomico (e non è frequentissimo or ora) e l’ha osannata. Con la meritocrazia dovuta, nonostante questo Paese rifiuti il processo.

One woman show, un andirivieni di maschere della commedia all’italiana, vigilato dall’occhio visionario di Marina Abramovic, l’oracolo contemporaneo della body art. Bisogna dire: super regia tecno di Solari, il guru delle galoppate solitarie, testi oliatissimi che la romana inghiotte e digerisce. La pausa, cribbio e stracribbio, la pausa. Chi c’era l’avrà ben notato ’sto fatto della pausa. Crea un cortocircuito pazzesco se usata con stile. Insomma, questa è davvero un’attrice/cantante/commediante/ballerina d’altri tempi, confrontando l’oggi comico con Colorado. Carrà, Scala, Goggi: grandi femmine del bianco e nero finora con poche eredi.

Belen spunta dalla platea, gioca con lo spettatore munito di smartphone, si spalma sul velluto rosso come una marmellata sul pane e attizza parecchio. Poi diventa Ornella e, scusate, è un pezzo da cineteca. «Ma la Patty è ancora viva?». Giorgia Maura, l’eterna esclusa dai talent, racchiude la miseria televisiva (Io ho un sogno e lo voglio sognare, io ho un obiettivo e lo voglio obiettare, io ho uno scopo e...), lasciando la signora Fracci per la standing ovation. E Virginia è pure un gran pezzo di figliola. Il che fa bene alla vista.

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