Cividale, i tre fendenti di Marquardo: giuramento di fede e potere

La città ducale rinnova il 6 il rituale della messa con lo spadone del patriarca. Preghiere secondo Santa romana Chiesa, ma canti della “ribelle” Aquileia

CIVIDALE. Nel 1366 il patriarca di Aquileia Marquardo von Randeck, già procuratore imperiale di Ludovico il Bavaro, vicario imperiale di Carlo IV di Lussemburgo, vescovo di Augusta, luogotenente e capitano generale del Friuli, entrò accolto con grandi onori a Cividale del Friuli.

Era il sette giugno quando attraversò per la prima volta Porta San Pietro della città ducale, a quasi un anno dalla sua investitura voluta da papa Urbano V.

Considerato «uomo valoroso in armi e di grande autorità», unico in grado di raccogliere l’eredità del suo predecessore Lodovico della Torre, una volta ricevuto il titolo Marquardo convocò subito il Parlamento della Patria del Friuli. Prima a San Vito al Tagliamento e poi due volte a Udine, fino a quando, entrato a Cividale, il vice decano del capitolo gli consegnò una spada nuda, come scrive De Rubeis «in segno del potere temporale. Il patriarca prese virilmente quella spada e la ripose in una guaina bianca».

Quella spada, o meglio spadone, unitamente a un elmo piumato e a un evangelario di mirabile bellezza, oggi custoditi al Museo Cristiano e Tesoro del duomo di Cividale, diventano ogni 6 di gennaio i simboli di un rito che da secoli rievoca una personalità tra le piú significative della storia del Friuli.

Cividale 1366-2016, la storia rivive

Cividale è l’unico luogo al mondo in cui si celebra la Messa dello Spadone, da ben 650 anni, un rituale carico di suggestione e d’incerto significato che secondo diversi studiosi potrebbe derivare dalla “Schwertmesse”, la Messa della Spada, un cerimoniale tardo medievale di origine nordica.

Nel mistero che ancora oggi avvolge questa pratica, l’arrivo di Marquardo nella città friulana oggi patrimonio Unesco, viene celebrata da secoli il giorno dell’Epifania, probabilmente per legare il rito alla derivazione etimologica della festività cristiana, il cui significato è “rendersi manifesto”.

Celebrata quest’anno dall’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato (nel duomo di Santa Maria Assunta con inizio alle 10.30) la funzione liturgica seguirà un preciso protocollo che vede il celebrante portare in testa l’elmo piumato, reggere con la mano destra lo spadone e con la sinistra l’evangelario.

La messa fino all’epistola si svolge secondo il rito romano, mentre il canto dell’epistola, del Vangelo epifanico e l’annuncio delle festività liturgiche culminanti con la Pasqua, avvengono secondo le antiche modulazioni del rito aquileiese. In momenti scelti, per quattro volte durante la cerimonia, il celebrante si porta sul limite della gradinata dell’altare verso l’assemblea e vibra in aria tre fendenti con lo spadone, in segno di saluto e benedizione.

Si ritiene che prima dell’investitura patriarcale di Marquardo von Randeck, il Friuli non conoscesse questo rito, un unicum nella liturgia cattolica. Contrariamente a Pio Paschini, il quale considerava questa messa una reminiscenza della liturgia natalizia celebrata nel 1340 dal patriarca Bertrando di San Cenesio, lo storico Gerald Schwedler ritiene che il rito sia stato inaugurato dall’imperatore Carlo IV di Lussemburgo, di cui Marquardo fu fedele servitore.

Durante la messa di Natale del 1347 a Basilea, infatti, l’imperatore «lesse ad alta voce il Vangelo, brandendo la spada sfoderata», giustificando con il passo che ricorda il censimento imposto da Augusto, la volontà di affermare il suo potere temporale in un contesto sacrale, iniziando una forma di liturgia politica continuata da Marquardo.

Il significato che oggi ricopre questo rito a Cividale, in ricordo del patriarca e del patriarcato d’Aquileia, trova ragione non solo in virtú delle funzioni religiose che egli ricoprí, ma anche per quelle politiche e sociali che mantenne per tutto il suo mandato, fino alla morte.

In ambito militare Marquardo lo si ricorda per l’impegno nel contrastare le mire espansionistiche della Serenissima, in ambito diplomatico per aver saputo ristabilire importanti sodalizi con diverse casate nobiliari, come coi signori di Strassoldo, Spilimbergo, Villalta, Ragogna e stretto alleanze strategiche con Genova e il re d’Ungheria.

In ambito culturale per aver fatto restaurare diversi castelli in Friuli, come a San Vito, Sacile, Monfalcone ed aver investito più di 9000 ducati per il restauro della basilica d’Aquileia, diroccata dal terremoto del 1348.

Lo si ricorda infine e soprattutto in campo legislativo con la promulgazione delle Constitutiones Patriae Foriiulii, un codice di leggi che riformò l’ordine giudiziario della Patria del Friuli, «in modo di por fine ai cavilli e di fare giustizia buona e celere», rimasto in vigore fino alla fine del XVIII secolo.

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