Cinema Muto, il programma e le anteprime del fine settimana: c’è il circo di Tod Browning

La nuova copia di uno dei titoli cult della storia del cinema, “The Unknown” (“Lo sconosciuto”, 1927), ambientato nel mondo del circo, inaugura sabato 1 ottobre al Teatro Verdi di Pordenone la 41a edizione delle Giornate del Cinema Muto. Il circo, forma di spettacolo composita e variegata, intriso di magia e genuinamente popolare, è una sorta di antenato del cinema, il quale ha spesso portato sugli schermi il mondo circense, da Chaplin a Fellini, Wim Wenders, David Lynch, e soprattutto Tod Browning (1880-1962). Affascinato fin dall’infanzia dalle troupe di saltimbanchi che, di città in città, mettevano in mostra creature bizzarre, sorelle siamesi, donne barbute, maghi, all’età di sedici anni scappa dalla sua casa di Louisville nel Kentucky e viaggia attraverso l’America con baracconi e circhi, lavorando come clown e comparsa in numeri di ipnotismo e levitazione.


Nel 1913 comincia a lavorare per il cinema, cominciando dal basso. Dopo qualche anno, diventato regista, conosce il giovane produttore Irving Thalberg: un incontro decisivo per la sua carriera di cineasta.


Quando Thalberg diventa vicepresidente della neonata Metro Goldwyn Mayer, gli affida la regia del film di ambiente circense, “The Unholy Three” (“Il trio infernale”, 1925) con Lon Chaney come protagonista: è la storia di tre ex fenomeni da baraccone che diventano delinquenti. Grazie al grande successo di questo film Browning non solo raggiunge la notorietà, ma il sodalizio che viene a crearsi tra lui e Chaney, fondato su un perfetta sinergia fra la sua inclinazione verso il mostruoso, le deformazioni e le mutilazioni fisiche e la versatilità dell’attore, sempre magnetico e coinvolgente, già interprete di moltissime pellicole, con una grande esperienza nel ritrarre i suoi personaggi come caratterizzazione straordinaria, riuscirà a realizzare film memorabili, tra i quali “The Unknown”.


È una storia a forti tinte. Per sfuggire alla polizia, Alonzo (Lon Chaney), un assassino, si fa assumere in un circo spagnolo lavorando come lanciatore di coltelli, utilizzando in maniera abilissima le dita dei piedi, essendo privo delle braccia. Si innamora della bella e sensuale Nanon (Joan Crawford), sua partner nello spettacolo e figlia del proprietario del circo. La giovane, che ha una repulsione nei confronti delle mani degli uomini, non accetta gli insistenti approcci di Malabar, l’uomo forzuto che nel circo esibisce la potenza delle sue braccia; mostra invece di assecondare le attenzioni di Alonzo. Ma costui nasconde un segreto: egli in realtà ha le braccia, che tiene legate sotto un corpetto allo scopo di celare un particolare fisico che rivelerebbe la sua identità; un doppio pollice nella mano destra. Il padrone del circo scopre il suo segreto e Alonzo lo uccide. Poi, volendo a tutti i costi conquistare Nanon, costringe un chirurgo ad amputargli entrambe le braccia. Di ritorno dall’operazione, scopre però che la donna ha superato la sua fobie e che ora si lascia abbracciare dall’uomo forzuto. Per eliminare l’avversario, escogita un’atroce vendetta, di cui però, in un crescendo vertiginoso di ritmo e di tensione, rimarrà vittima lui stesso.
In questo morboso e inquietante melodramma, sempre in bilico tra orrore e tragedia, che insiste sul tema della deformità, Tod Browning ci mostra dunque il circo come un mondo popolato da individui che nascondono drammi e sofferenze che spesso si tramutano in vendette e violenze.


Dopo la sua distribuzione alla fine degli anni ’20, la pellicola ritorna nei magazzini della Metro Goldwyn Mayer e viene “riscoperta” circa quarant’anni dopo in Francia, ma in una copia incompleta della durata di circa 50 minuti, mentre l’originale era di 65 minuti. Più tardi un’altra copia, contenente le parti mancanti, fu recuperata nel Národny filmový Archiv di Praga. Così il film completo poté essere meticolosamente restaurato dal George Eastman Museum di Rochester (New Jersey) e viene ora presentato con una nuova partitura orchestrale del messicano José Marìa Serralde Ruiz, commissionata per l’occasione delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. —
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