Sport inclusivo, la sfida delle donne

Luca Grion racconta il lungo cammino. Il caso delle atlete intersex e transgender: una sfida costante per il cambiamento di prassi, pregiudizi e regole consolidate

La copertina del libro e, a destra, una delle vicende narrate: il caso della pugile Imane Khelif
La copertina del libro e, a destra, una delle vicende narrate: il caso della pugile Imane Khelif

Luca Grion, professore associato di filosofia morale all’Università di Udine, presidente dell’Istituto Jacques Maritain di Trieste e direttore della Spes (Scuola di politica ed etica sociale) si occupa di questioni etiche connesse a diversi ambiti di vita: dall’informatica all’economia, dalle professioni di cura allo sport.

Nel suo ultimo libro, (S)Confini, edito da Erikson, esplora con rigore e sensibilità attraverso strumenti di ricerca puntuale ed esempi, una delle sfide più attuali dello sport contemporaneo ovvero trovare un possibile punto di equilibrio tra equità e inclusione nel contesto delle pratiche agonistiche cercandolo in riferimento alla richiesta, avanzate dalle atlete intersex e transgender, di competere all’interno delle categorie femminili.

Attraverso il racconto di alcune storie raccolte nel volume, quella della velocista sudafricana Caster Semenya, di Renée Richards, Laurel Hubbard, Annet Negesa, protagoniste di esperienze molto dolorose e ingiuste, sono messe in evidenza il lungo cammino ancora da fare e quanto le esigenze delle nuove generazioni che si misurano con le discipline sportive costituiscano una sfida costante per il cambiamento di prassi, pregiudizi e regole consolidate.

Tra le possibilità si riflette non solo su come garantire il diritto di accesso e partecipazione allo sport alle atlete intersex e transgender con la creazione, ad esempio, di una terza categoria ma anche con il suo raggruppamento con quella maschile e femminile per formare una maxi-categoria non femminile.

Depositata nella nostra memoria, perché accaduta durante le Olimpiadi di Parigi 2024, il caso della pugile Imane Khelif, «vicenda alimentata - scrive l’autore - dall’evidente contrasto normativo tra le regole dell’Iba che hanno portato al bando dell’atleta algerina, e quella Cio, che invece l’hanno riammessa alle competizioni. Com’è possibile, si è detto, un comportamento così schizofrenico da parte delle istituzioni sportive?».

E se sui social, la vicenda umana a atletica di Khelif è stata trattata in modo sguaiato e brutale, un ministro della Repubblica italiana, ci ricorda Grion, “ha pubblicato un tweet nel quale definiva la pugile come una “trans” cosa non solo falsa ma pericolosa per l’atleta stessa dato che in Algeria non è consentito identificarsi in modo diverso da quello della nascita o sottoporsi a intervento per il cambio di sesso”, nel libro sono approfonditi temi importanti come quello dei corpi violati delle atlete, di come sia importante gestire le differenze e di come la politica abbia usato gli atleti per i propri fini, spesso in modo cinico.

Lo sport dovrebbe esprimere la parte migliore della società civile, ridefinire i propri confini senza abdicare ai valori dell’etica e del rispetto che ne sono il nucleo costitutivo. Il tema delicato e complesso, ad esempio, dell’identità di genere nello sport richiede di trovare il giusto equilibrio tra diritti umani e equità sul terreno del gioco sportivo così come quello degli abusi e delle molestie sessuali, la disparità nella retribuzione tra atlete e atleti.

Scrive nella prefazione la pordenonese Alessia Trost, ex altista italiana, medaglia di bronzo mondiale indoor nel 2018, campionessa mondiale juniores e allieve, nonché campionessa europea under 23 con 6 titoli italiani assoluti, 15 nazionali giovanili e 6 record italiani giovanili: «Le categorie, quando vi aderiamo, ci conducono a ragionare secondo un principio di uguaglianza, creano simmetrie che non trovano corrispondenza nel grado elevato di disomogeneità interno anche solo alle più tradizionali di maschile e femminile. Forse dovremmo, piuttosto, iniziare a confrontarci con l’idea secondo la quale coloro che scrivono le regole potrebbero non essere coloro ai quali tali regole garantiscono il cosiddetto successo».

Una riflessione che contempla con saggezza non solo la complessità ma sottolinea l’importanza di un vero cambio di passo.

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