Carrère: Papa Francesco rilancerà il Cristianesimo

PORDENONE. Casual nel vestire e nei modi, Emmanuel Carrère. Per capirci, lontano mille miglia dalla prosopopea dell’Eco Umberto. Direte: certo, generi difficilmente paragonabili. L’accosto vien facile perché l’alessandrino il Premio FriulAdria lo vinse l’anno scorso. Tutto qui. Sabato è toccato a lui.
Lo scrittore è un tipo che bada al sodo. Sensazione raggiunta subito durante il primo round di una conferenza stampa che precede, come memoria impone, la salita all’Empireo.
Due chiacchiere in famiglia con Alberto Garlini - alloro giustificato dal morbido ed efficace intersecarsi di storia e romanzo nelle due opere di recente foggia, Limonov e Il Regno - e con la presidente della banca, Chiara Mio.
«Grazie allo stile di Carrère - si legge nella motivazione - la storia si trasforma davvero in romanzo, si vivifica sulla pagina, si allontana dalla pura erudizione per diventare corpo e anima, a volte toccando il dramma e a volte la comicità, così come è la vita».
Lui ascolta e ringrazia sfoggiando frammenti in lingua italica. Nel prosieguo dimostra pure di capirlo. Non è la solita frasetta imparata in aereo con Google translation, ecco.
Il tracimar parole sulle pagine bianche non significa necessariamente applicare il gesto pure davanti a un microfono. E le risposte del parigino, penna di griffe internazionale e cotanto figlio di madre marchiata Académie française, si rivelano essere un buon minimo sindacale.
Piuttosto algido, altresì. Passa poco, tanto per parlare come al supermercato. Cerchiamo di semplificare, l’avrete capito. Carrère è un intellettuale e comunica da intellettuale, sebbene sappia come annegare nella serietà lampi di follia. Ugualmente Il regno è un tomo complesso da digerire, avvinghiato com’è alla narrazione di «quella piccola setta ebraica che sarebbe diventata il Cristianesimo».
La tentazione è quella di affrontare di petto la contemporaneità. Oscar Wilde insegna che è sbagliato resistere ai desideri e non ci tratteniamo. Papa Francesco? «È il volto più autentico e bello del Cristianesimo e credo che quest’uomo sicuramente incoraggerà la fede nella società».
Ci si concentra sulla religione, gioco forza, lasciando uno spiraglio per il cinema. Conoscerete senza meno il regista Carrère. Firmò L’amore sospetto, tratto dal suo Baffi. Casa e bottega, per dire. Buona mano, critica benevola.
«In un certo periodo della mia vita sono stato cristiano, lo scrisse e lo ricorda, e la passione durò tre anni. Adesso non lo sono più. Però, devo ammetterlo, mi ritengo più un buon cattolico adesso che non lo sono».
Rimettendo piede al cinematografo, luogo dove chiunque, prete o laico, si ritrova libero, vien fuori una possibilità: Limonov, la vita spericolata di un russo che solo in un racconto poteva confluire nudo e crudo, dovrebbe finire spiaccicato sul grande schermo. «Ne parlai con Saverio Costanzo tempo fa. Mi rispose che il personaggio è intrigante e, per questo, richiede ulteriore meditazione».
Monsieur è rimasto pure intrappolato dalla recentissima giuria di Venezia 72, «un onore stare al fianco di cineasti di alto lignaggio, Cuarón in primis. D’altronde la critica occupò una buona parte della mia vita. Mai sentito un fuoriposto nonostante la grandezza dei colleghi».
Dunque. Nouvelle Vague in Francia, Neorealismo in Italia. Due movimenti cresciuti in parallelo con i disagi delle rispettive nazioni. La crisi politica francese anni Cinquanta, corroborata dai contrasti della guerra d’Algeria e lo scenario italiano fine Quaranta condizionato da un conflitto duro, che istigò il senso del reale. Ora ci ritroviamo in un altro buco nero.
È tempo di una nuova rivoluzione della settima arte? «Ci potrebbe stare eccome, il clima favorisce nuovi flussi. Mi viene in mente il caso Grecia. Una civiltà in affanno eppure al cinema dimostra estrosità, vitalità, bizzarria».
Ci pare il momento perfetto per entrare a gamba tesa, come il terzino più agguerrito. Quali sono le idee forti dell’Europa d’oggi? La lezione di Pennac, appena digerita («parlo malvolentieri di cronaca») rimbalza su Carrère. Odio i fanatismi. Non me la sento di dire altro».
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