Capuozzo: «I 4 di Cercivento non erano affatto dei codardi»

Oggi sarà presentata la ristampa per le scuole di “Sameavin animis dal Purgatori” A Treviso il ricordo della decimazione delle penne nere durante la Grande Guerra
Treviso, raduno nazionale degli alpini. Sfilano le penne nere della Carnia, e lo speaker ricorda “la decimazione” avvenuta nel corso della Grande Guerra, definendola “un caso non ancora chiuso”. Segnale forte per una vicenda di cui si riparlerà stamane anche a palazzo Belgrado, dove, alle 11.30, sarà presentata la ristampa per le scuole di
Sameavin animis dal Purgatori
, silloge di documenti e testimonianze raccolte qualche lustro fa sui fusilaz. Da quando l’Ana tolmezzina aveva censurato i presenti all’inaugurazione del monumento a Silvio Gaetano Ortis, Basilio Matiz, Angelo Massaro e Giovan Battista Coradazzi, qualcosa è dunque cambiato.

«Ricordiamoci che l’Ana rifugge da sentimenti filobellicisti, non è un’associazione di ex combattenti», dice Toni Capuozzo, direttore del periodico
Alpin jò mame
. «I quattro di Cercivento non erano codardi o rivoltosi; erano dei valligiani che, andati in guerra malvolentieri, hanno fatto il loro dovere, usando una delle grandi qualità degli alpini, il buon senso. Sono parte integrante della nostra storia». L’episodio di Treviso prosegue la richiesta di restituzione dell’onore inutilmente avanzata da Mario Flora (nipote di uno dei fucilati), rilanciata da un appello pubblicato dal
Messaggero Veneto
, sostenuta dai pronunciamenti unanimi del consiglio provinciale di Udine e di quello della Regione, dall’interessamento della presidente Debora Serracchiani. Sul tema dei “fucilati per l’esempio” si sono poi espressi anche monsignor Santo Marcianò, capo dei cappellani militari italiani («Giustiziarli fu un atto di violenza ingiustificato, gratuito, da condannare»), e lo stesso Capo dello Stato Sergio Mattarella («La memoria dei mille e più italiani uccisi dai plotoni di esecuzione interpella la nostra coscienza di uomini liberi e il nostro senso di umanità»). L’anniversario della Grande Guerra sembra l’occasione per riconsegnare all’abbraccio della nazione le vittime della spietata giustizia militare di allora (che poi, nella circostanza, mascherò una decimazione): una legge ad hoc, Scanu-Zanin, è approvata fulmineamente alla Camera, con voto unanime. Ma alla commissione Difesa del Senato il provvedimento viene prima bloccato, poi stravolto, principalmente ad opera del capogruppo Pdl Maurizio Gasparri, e dei pd Nicola Latorre e Arturo Parisi, tutti vicini agli ambienti militari. Tra le motivazioni addotte, «le possibili disparità di trattamento con i fucilati di altre guerre (quali la terza guerra d'indipendenza, la campagna di Libia o la seconda guerra mondiale)», il rischio di «escludere ingiustamente chi non ha eredi o qualcuno che ne custodisca la memoria» e anche un «motivo tecnico difficilmente superabile», cioè l’intervento da parte «della Repubblica italiana per sentenze comminate dal Regno d’Italia in nome del Re». Inoltre c’è l’aspetto economico: non solo il riesame previsto comporterebbe il «rafforzamento degli uffici giudiziari coinvolti, trovando adeguata copertura finanziaria», ma potrebbe «far sorgere delle aspettative di natura economica in capo alle famiglie dei caduti (sia in termini di risarcimento, sia in termini di recupero di emolumenti mai corrisposti a motivo della condanna)». In quanto al concorso nelle scuole, per l’epigrafe da apporre nel Vittoriale, l’idea è da bocciare: «Si riporrebbe troppo affidamento nelle basi culturali di un adolescente, chiedendogli di tradurre un giudizio o un sentimento intestato alla Repubblica». «Noi crediamo invece che sia importante parlare di queste cose, per formare nei cittadini di domani conoscenze storiche e capacità di analisi critica», commenta il presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini. «È esattamente per questo che, assieme al comune di Cercivento, abbiamo ristampato il libro su uno sfregio che brucia ancora nella coscienza del Friuli».

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