Cantarella: la storia aiuta a capire che ciò che viviamo può cambiare

mario brandolin
Giurista, storica, docente universitaria, grande affabulatrice e appassionata divulgatrice della cultura antica, Eva Cantarella, figlia del grande grecista Raffale Cantarella, riceverà sabato 22 giugno il “Premio Hemingway per L’avventura del pensiero”. Un’avventura, la sua, cominciata come esperta di studi giuridici, «perché – ci dice –, non volevo fare la figlia del professore e poi perché cercavo un futuro professionale non femminile tra virgolette».
Il passaggio alla narrazione dei miti?
«Abbastanza laborioso, nel senso che studiare diritto significa anche studiare il contesto, la società in cui questo nasce e si sviluppa, e il diritto è stata la chiave per capire sia il mondo greco che romano e le storie che di essi che mio padre mi raccontava da piccola».
A proposito di miti, lei ha detto che il mito è attuale, non attualizzabile, perché?
«Perché il suo significato è sempre stato quello. Prendiamo le tragedie greche: loro caratteristica era di proporre agli spettatori situazioni che erano molto importanti per la vita delle città, senza però mai fare riferimento alla realtà specifica del momento. Per questo sono fuori dal tempo e possono essere riproposte in qualunque momento. In questo senso sono attuali».
Nel suo ultimo libro, “Gli amori degli altri, tra cielo e terra, da Zeus a Cesare”, lei afferma che “come sempre, ripensare ai greci è utile. Non nella speranza di trovare risposte alle nostre domande e inquietudini, ma perché ci aiuta ad affrontarle in un’ottica diversa, che apre prospettive capaci di arricchire le nostre riflessioni”. Ad esempio?
«A capire che quello che viviamo è contingente. Normalmente siamo portati a pensare che quello che viviamo sia solo quello, un assoluto immutabile, e anche il futuro lo si immagina nella prospettiva limitata del presente. La storia ci aiuta a capire il pluralismo delle culture. La diversità culturale dei greci ci abitua a pensare che quello che viviamo può essere cambiato, può essere diverso».
La dimensione sessuale degli antichi è stata al centro di diversi suoi saggi: l’idea che quella pagana fosse una sessualità più libera, meno condizionata, ha un qualche fondamento?
«Nessuno, non esiste la libertà sessuale. La sessualità deve essere controllata se una società vuole sopravvivere. Cambiano però le regole e l’etica sessuali. I Greci non è che potevano far tutto quello che volevano, avevano un’etica sessuale che imponeva loro dei comportamenti, solo che quei comportamenti erano diversi dai nostri».
Il suo libro termina sull’arrivo del Cristianesimo.
«Finisce con l’imporsi di un’etica nuova, destinata a una lunghissima vita. Il cristianesimo ha combattuto l’etica sessuale antica. È una religione che non ammette altre regole che le sue. E ha vinto».
Oltre che studiosa e storica, lei è sempre stata impegnata nelle battaglie della sinistra. Che impressione le fa l’attuale situazione politica italiana e non solo?
«Desolazione ed enorme preoccupazione! Per fortuna il fatto di essere una storica mi fa sapere, e quindi sperare, che le cose cambiano, che qualcosa può succedere da un giorno all’altro. Vorrei però aggiungere che noi ce la prendiamo sempre con i politici, ma quelli li abbiamo eletti noi: ed è questo che mi sconvolge. Come mi sconvolge il fatto che questo governo, che pensa poco e anche quel poco lo pensa male, non ha speso una parola e quindi un impegno per la scuola, per la cultura».
Errori della sinistra?
«Tanti, ma soprattutto ha dimenticato di essere sinistra. Le pare poco?». —
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