Atiq Rahimi a Dedica: «Io rifugiato culturale autore con più identità»

È un susseguirsi di appuntamenti di successo per l’edizione del 2018 di Dedica Festival, che vede quest’anno protagonista lo scrittore e regista di origini afghane Atiq Rahimi. Dopo l’incontro di ieri con la presentazione del libro “Grammatica di un esilio”, pubblicato da Bottega Errante edizioni, oggi ci sarà un’altra giornata densa di incontri. Alle 11, nel municipio di Pordenone lo scrittore riceverà dal sindaco il sigillo della città di Pordenone, prestigioso riconoscimento assegnato «a persone che onorano l’alto senso del sociale, della cultura e della politica». A conclusione della cerimonia saranno segnalati e premiati i lavori realizzati nell’ambito del progetto Parole e immagini per Atiq Rahimi, rivolto agli studenti degli istituti superiori di Pordenone e provincia. Nel pomeriggio, centinaia di studenti avranno il privilegio di un incontro speciale con Rahimi, alle 15, nel convento di San Francesco. Sempre oggi, ma alle 20.45, Dedica si declinerà in cinema e proporrà in collaborazione con Cinemazero, il film “Come pietra paziente” tratto dal best seller di Atiq Rahimi vincitore del Goncourt nel 2008.
Ieri, intanto, la presentazione del terzo scritto in lingua francese, “Grammatica di un esilio” (“La ballade du calame”, il titolo originale), che esce in Italia proprio in occasione di Dedica 2018, con intervista all’autore a cura dello scrittore Paolo Di Paolo. Il libro rappresenta una riflessione su di sé, sul suo spirito di esiliato e sulla sua identità plurale. La narrazione segue l’intreccio della scrittura e della memoria, anche gli spostamenti (geografici, culturali, emotivi) che segnano la perdita della terra natale. Un percorso che porta attraverso l’alfabeto, la calligrafia e le letture che hanno forgiato la sua personalità, nonché il ripetuto sradicamento.
«Si definisce un rifugiato culturale – ha spiegato Di Paolo, a margine dell’incontro -. Un concetto presente nel suo libro e in altri scritti: gran parte della sua attività si pone fra due culture e fa percepire cosa significa scrivere e fare cinema fuori dalla propria terra».
Un libro dove anche la grafia ha un suo significato, non lasciato al caso. «Quando si dice che scrivere coincide col vivere non è retorico – ha aggiunto Di Paolo –, ma una vera e propria estensione del modo di essere, lasciare una traccia. Noi occidentali abbiamo preso una certa distanza dall’esperienza della calligrafia, superata non appena si esce dalla scuola primaria. Invece, in Rahimi, la forza del segno è qualcosa di esotico e che ci spinge verso qualcos’altro: scrivere significa creare una forma di mappa emotiva».
Attraverso la scrittura dei suoi ricordi, delle sue riflessioni e talvolta, per sopperire alle parole, delle lettere e dei disegni, Atiq Rahimi propone un racconto intimo e poetico, una meditazione su ciò che resta della propria vita quando si perde la terra dell’infanzia e si è costretti all’esilio. «In lui emerge l’urgenza di raccontare del suo Paese in una cultura molto diversa com’è quella europea – ha osservato Di Paolo – ha posto un’attenzione internazionale in un Paese del quale oggettivamente poco sappiamo».
Paolo Di Paolo è scrittore, nato a Roma nel 1983. Ha esordito in campo letterario con i racconti Nuovi cieli, nuove carte, finalista al Premio Calvino per l’inedito nel 2003. Ha pubblicato numerosi libri che hanno riscosso molto successo e vinto diversi premi come il Mondello, il Vittorini, il Rodari ed è finalista dello Strega nel 2013.
Durante la serata, Atiq Rahimi ha ricevuto il Premio Crédit Agricole Friuladria “Una vita per la scrittura” consegnato dalla presidente Chiara Mio, che suggella ancora una volta la collaborazione dell’istituto con il festival. La motivazione del premio recita: “Per l’incisività delle tematiche, per lo stile asciutto e insieme visivo, che sa illuminare la realtà oggettiva come la dimensione intima, per la capacità di armonizzare due culture e due lingue, la sua scrittura è espressione di quella letteratura-mondo che si fa specchio della contemporaneità”.
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