Arianna Porcelli Safonov in Friuli con il monologo “Alimentire”: «Con il cibo abbiamo uno strano rapporto»
La storyteller sarà martedì 4 al Concordia di Pordenone e mercoledì 5 al Palamostre di Udine. «Ne parlano tutti senza averne mai provato l’essenza»

Con uno sguardo obliquo al fenomeno del food, torna in regione il linguaggio satirico, comico e dissacrante di Arianna Porcelli Safonov, prolifica storyteller con il suo monologo “Alimentire” atteso martedì 4 alle 21 al teatro Concordia di Pordenone, e mercoledì 5 febbraio sempre alle 21 al Palamostre di Udine. Il suo è un successo che viaggia sui social e sul web, misurato come si fa oggi con le migliaia di visualizzazioni e followers e costruito con un linguaggio diretto, sia scritto che raccontato, tagliente al punto giusto, che affonda la lama senza girarla nelle ferite che provoca, e lascia poco fiato alle repliche.
I suoi spettacoli, come le rubriche e i podcast che portano la sua firma affrontano dettagli di vita apparentemente insignificanti, ma che sotto la sua lente fanno emergere la profonda ipocrisia che li genera. Dal modo di ordinare il caffè al bar, alle lodi che si sprecano per luoghi comuni come la bellezza della vita in campagna.
Dalla sua biografia emergono molte vite, ci aiuta a inquadrare meglio cosa fa: uno spettacolo comico o che altro?
«Guardi è tutto molto semplice, sul palco c’è un leggio, che è poi il mio strumento di lavoro e ci sono io. Ci tengo a chiarire che non sono un’attrice, non vengo insomma dal mondo accademico del teatro, il mio è un monologo che mescola, con un minimo di letteratura, dei dati e delle informazioni. Con un pizzico di ironia, certo. Anche perché chissà come mai, l’informazione in genere è sempre legata a un mondo serio e cupo, soprattutto se sono dati che riguardano le nostre abitudini quotidiane, come lo strano rapporto che abbiamo con il cibo di cui parlo in “Alimentire” appunto. E, guardi, glielo dico subito, mio padre è italo-russo, da qui il mio cognome, ma io sono romana se per caso aveva intenzione di chiedermelo».
Certo, certo, piuttosto, ci dice com’è arrivata a questo mondo che comunque con lo spettacolo ha a che fare?
«Vengo in realtà da ambienti totalmente diversi, curavo e organizzavo eventi aziendali, quindi il glamour internazionale, tempi frenetici, ritmi davvero poco sostenibili al punto che spinta da uno shock eccessivo mi sono presa un anno sabbatico che poi in realtà sono diventati tre».
E quindi?
«Il passaggio, in realtà è stato molto casuale e naturale, il periodo sabbatico l’ho trascorso a Madrid, lì ho incontrato un coreografo anzianissimo con una visione artistica illuminate, mescolava tutte le espressioni artistiche dal palco alla scrittura, una passione che comunque ho sempre avuto e così ho pensato che andava la pena prendere quella strada».
Una folgorazione in terra spagnola quindi?
«Già, ma poi nel 2014 tornata in Italia, un po’ sedotta da tutte quelle belle cose che si dicono sulla vita in campagna, mi sono trasferita in un fienile sull’alto appennino pavese, non l’avessi mai fatto un disastro! Ha presente quelle cose che si raccontano sulla semplicità della vita lontano dalla città, sulla bellezza della natura?».
E come no, il desiderio di tutti.
«Ma per piacere, è stato un incubo. Non c’è nulla di idilliaco e così ho iniziato a scrivere ed è uscito il mio primo libro “Fottuta campagna” pubblicato da Fazi Editore al quale poi ha fatto seguito “Storie di matti”».
La scrittura del comico non è semplice.
«No, ha ragione, ma è un esercizio molto stimolante, perché è una scrittura che fa del suo stimolo un obiettivo, che è stupire e sconcertare il lettore. Indispettisce come è avvenuto con me con la storia della campagna».
E sul cibo?
«Parlano tutti di cibo senza averne mai provato l’essenza. Ma ci pensa che adesso non abbiamo più menù, ma carte prolisse di descrizioni? Ha presente cosa succede intorno al cibo? Se vivessimo vicino ad allevamenti di polli nessuno ne mangerebbe più!».
Quindi vegani e vegetariani?
«Nient’affatto! Non parlo di questo, ma di sapere cosa facciamo quando ci avviciniamo al cibo. E parto dal lavoro di Michael Pollan, lui sì che può parlarne perché ha fatto tutte le esperienze».
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