Al Magazzino 26 di Trieste un’antologica del pittore udinese Bortolossi

Si presenta come una vera e propria antologica, con una quarantina di opere per lo più di grandi dimensioni, la mostra personale del pittore udinese Walter Bortolossi che ha per titolo “La torre di Babele” alla Sala Nathan del Magazzino 26 di Porto Vecchio a Trieste.
L’antico tema biblico è al centro di uno dei suoi ultimi dipinti, proposto al pubblico per la prima volta in questa occasione, seguendo una nuova chiave di lettura. Ispirandosi all’omonimo dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, l’artista ha ricreato un’analoga struttura pittorica per poi riunirvi le più diverse testimonianze della cultura assira, romana, longobarda e di altre civiltà.
Ai segni di distruzione che compaiono qua e là sulla torre cercano di porre rimedio alcuni archeologi ed esploratori tra cui si riconosce Agatha Christie come in una fotografia che la ritraeva nel 1935 tra gli scavi di Chagar Bazar, in Siria. È proprio la famosa scrittrice britannica a guardare verso lo spettatore quasi invitandolo ad entrare nel quadro per scoprire non più soltanto il simbolo e il fallimento dell’ambizione umana, bensì un insieme di espressioni storiche e geografiche differenti tra cui si potrebbe tentare di costruire un ordine invece di far prevalere l’idea di caos e disordine.
“La Torre di Babele -osserva lo stesso Walter Bortolossi- diventa il Museo imperfetto sempre in divenire e la diversità delle lingue e la varietà delle culture non sono più causa di caos ma ne costituiscono la ricchezza”.
Da qui anche il resto della mostra, un po’ tutti i dipinti esposti, i temi affrontati, le tante figurazioni e la vivacità dei colori di un linguaggio sempre autenticamente distintivo, vengono a proporre incessantemente e ineludibilmente una dialettica tra caos e ordine.
Personaggi storici, del mondo politico, di quello economico e finanziario piuttosto che dell’ambito musicale, scienziati, filosofi, divi del cinema e della televisione vengono a dialogare con chi guarda su questioni legate a guerre e crisi economiche, ai progressi della scienza e della tecnologia, alla comunicazione contemporanea, al rapporto tra realtà concreta e realtà virtuale. Non c’è nessuna pretesa di dare delle risposte, prevalendo il desiderio di suggerire relazioni, connessioni, discrasie, in maniera seria e divertita insieme.
Le opere sono in gran parte recenti ma con un nucleo di dipinti dei primi anni novanta: facendo riferimento al luogo dell’esposizione, l’artista ha voluto ricreare un “angolo magazzino” con alcune tele messe pure a terra, a significare la base di quello che sarebbe stato il suo futuro lavoro.
Tra questi alcuni dipinti esposti proprio a Trieste nel 1991 al Fine Art’s Room, nella mostra “Realismo difrattivo” curata da Maria Campitelli: un omaggio alla critica, curatrice, fondatrice del Gruppo 78 International Contemporary Art scomparsa lo scorso autunno.
Nato a Basilea, diplomatosi all’Accademia di Venezia, attualmente residente a Udine dove ha la cattedra di pittura al Liceo artistico Sello, Walter Bortolossi nei primi anni novanta definiva infatti la teoria della sua pittura: se formalmente può ricordare il mondo del fumetto o il New Pop, concettualmente realizza composizioni che sottendono un pensiero attentamente ragionato, rivisitando immagini preesistenti, decontestualizzandole o ricontestualizzandole sotto molteplici e inediti punti di vista.
Con il suo horror vacui dal sapore enciclopedico ma mai didascalico, l’autore riesce sempre a catalizzare l’attenzione dello spettatore che non può non rimanere affascinato dalla visionarietà caleidoscopica della sua pittura ricca di figure, ambienti, colori e soprattutto contenuti.
L’esposizione, in coorganizzazione con il Comune di Trieste, Assessorato alle politiche della cultura e del turismo, sarà visitabile fino al 14 aprile (giovedì e venerdì dalle 16 alle19, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19).
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