1999, quella birra al veleno che uccise nella casa a Nordest

Un altro degli omicidi irrisolti in Friuli è quello di Camino al Tagliamento. Tanti sospetti, indagini penali e civili senza esito per la morte d’un architetto Usa
CAMINO AL TAGLIAMENTO - 02.08.99 - CASA AVVELENAMENTO - TELEFOTO AG. ANTEPRIMA
CAMINO AL TAGLIAMENTO - 02.08.99 - CASA AVVELENAMENTO - TELEFOTO AG. ANTEPRIMA

UDINE. Una nota birra italiana, un letale veleno, una casa a Nordest. Ma soprattutto un omicidio: quello d’un architetto statunitense in vacanza in Friuli con la moglie italiana. E la suocera. Avvelenato dal topicida inserito nella birra.

I contorni del giallo c’erano tutti nell’estate ormai lontana del 1999 a Camino al Tagliamento. Richard Nolan Gonsalves moriva all’ospedale di Udine dopo tre giorni di agonia. Aveva 33 anni.

Ecco un altro degli omicidi irrisolti in Friuli. Si era mosso persino Ted Kennedy sollecitando indagini, nuovi accertamenti, riuscendo a coinvolgere anche l’Fbi. Ma niente. Chi ha inserito quel veleno per topi nella birra bevuta dall’architetto resta impunito.

E a nulla sono valse (finora) tutte le indagini e le cause civili per individuare un responsabile di quella morte. Ci hanno provato persino ipotizzando che l’ospedale di Udine non fosse riuscito a salvare la vita dell’uomo.

È il pomeriggio del 7 luglio. La suocera di Richard, Maria Teresa Calzolari, assieme al fratello milanese compera in un supermercato di Codroipo sei birre in due confezioni da tre.

Le bottiglie sono di 33 centilitri. Il giorno successivo il fratello della suocera riparte per Milano, da dove è giunto in treno. Il 15 luglio all’aeroporto di Venezia arrivano dagli Usa Richard e la moglie Alessandra Quadrio Corigliano, oggi 57enne.

Il giorno dopo l’architetto Usa, la moglie e la suocera pranzano insieme nella casa di Camino ristrutturata dalla Calzolari otto anni prima. Le donne bevono vino, Richard apre una delle due bottiglie di birra che sono rimaste in frigo. Si lamenta del sapore cattivo, ma finisce la bevanda e poco dopo si reca in bagno e rigetta l’intero pranzo.

Da quel momento non si sente più bene, ma lo stesso si mette al volante per un giro dalla Pedemontana pordenonese alle colline udinesi. Arrivato in città, si sente come un formicolio alle mani e sulle guance e chiede d’essere portato al pronto soccorso.

Dopo alcune ore di controlli, Richard chiede di essere dimesso, nonostante i medici intendano continuare a tenerlo in osservazione. La sera cominciano i dolori atroci, il giovane americano si contorce, la suocera chiama il 118 e un’ambulanza lo porta nuovamente all’ospedale.

È ricoverato in Medicina d’urgenza. Il 17 luglio le sue condizioni peggiorano, anche il quadro neurologico comincia a farsi critico. L’uomo passa in Terapia intensiva. Il 18 luglio entra in coma irreversibile. Muore alle 20.50. Quattro giorni dopo, la denuncia della suocera e della moglie di Richard fanno scattare l’inchiesta.

Nasce il giallo e le indagini diventano per omicidio volontario. Dagli accertamenti si porta a escludere che la birra, imbottigliata nel febbraio precedente, potesse già contenere il veleno. In casa, a Camino, si scopre che una seconda bottiglia, trovata vuota e risciacquata nei rifiuti, presenta tracce del veleno.

Richard non era l’obiettivo del killer? L’assassino voleva mandare un segnale a quella famiglia di cui adesso, a Camino, non v’è più traccia? Oppure, molto più semplicemente, come a lungo è “frullato” nella mente degli inquirenti, l’assassino poteva rientrare nella cosiddetta cerchia familiare?

La signora Calzolari va giù pesante quell’estate. Convoca una conferenza stampa e senza timori afferma di sapere chi sono gli assassini di Richard: «Si tratta di tre persone al di sopra di ogni sospetto che vivono a Camino al Tagliamento». Un fulmine a ciel sereno, una pista investigativa che poi non trova né conferme né appigli. Anzi.

Nella richiesta d’archiviazione che l’8 gennaio 2002 il pm Buonocore presenta al Gip, molta parte delle quasi venti pagine scritte è dedicata alla suocera di Richard. E non soltanto perché è lei stessa a fornire un’ipotesi investigativa piuttosto precisa sul complotto posto in essere da alcuni soggetti di Camino.

L’eventualità che l’omicidio dell’architetto sia maturato nell’ambito familiare è infatti scandagliata dal pm sia per quanto riguarda le possibili responsabilità della moglie di Richard sia per quelle ipotizzabili a carico della suocera.

Dalla richiesta d’archiviazione emerge un profilo psicologico piuttosto preciso della Calzolari, definita con un carattere particolarmente spigoloso e sensibile a sentirsi assediata. Sono mancati i cosiddetti elementi oggettivi inconfutabili per giungere al convincimento che qualcuno – al di là d’ogni ragionevole dubbio – potesse addirittura avere un movente per uccidere Richard.

A carico delle moglie e della suocera in particolare – spiegava il pm – non è stato possibile individuare un movente adeguato, perché «è del tutto vano e incoerente costruire un teorema accusatorio che non abbia una sua plausibilità in relazione a tale profilo».

Anche i rapporti tra le due famiglie, che all’inizio dell’inchiesta parevano animate da qualche conflitto, si sono via via rivelati normali. Quindi non si è configurata una situazione tale «d’aver potuto funzionare da innesco di un intento omicida in danno del giovane architetto».

Anche da un’intercettazione ambientale sulla vettura della suocera nell’immediatezza dei fatti non emergevano elementi utili alle indagini.

In realtà, il pm Buonocore ha analizzato il profilo psicologico della signora Calzolari soprattutto nell’ipotesi che la morte di Richard potesse essere inquadrata come un omicidio preterintenzionale, a titolo di dolo indiretto, nel senso che l’intenzione non doveva essere quella di uccidere.

E sul punto il pm elencava una serie di elementi che troverebbero spiegazione soltanto ipotizzando quest’eventualità: un tentativo che avrebbe dovuto avere un esito del tutto inoffensivo e limitarsi alla semplice constatazione che la birra era avvelenata.

E ciò per smentire certe accuse di mania di persecuzione che in qualche modo raggiungevano la signora Calzolari.

Diversi elementi potevano dare credito all’ipotesi dell’atto “dimostrativo” sfociato in tragedia, ma il pm ha chiarito che «la suggestione d’una tale ricostruzione è senza dubbio forte, e tuttavia non tale da assumere connotati di certezza idonei a una specifica contestazione».

Non si possono escludere infine tante cose: tra esse, il fatto che potessero essere due le bottiglie di birra avvelenate, che la Calzolari si fosse dimenticata di portare in ospedale quella bevuta da Richard perché scossa dal momento particolarmente drammatico. Infine, anche le argomentazioni sul carattere della signora non si possono considerare decisive.

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