Vicolo del Molino, affiorano vecchie mura La storia che vive sotto piazza della Motta

Martina Milia
C’è una città nascosta che abita sotto piazza della Motta. Quello che gli storici e i pordenonesi doc già sapevano, sta emergendo durante i lavori che per ora stanno interessando le vie attorno al nucleo centrale. In vicolo del Molino, quello che dal tribunale e dal park Rivierasca risale verso la piazza e il retro del museo civico di scienze naturali, durante lo scavo in corso per posare i sottoservizi, pochi metri sotto la superficie, è emerso un tratto delle vecchie mura. Non si tratta di quelle antiche, delle prime che hanno costituito la cinta originaria, ma di quelle che comunque hanno qualche secolo sulle spalle e che raccontano una città ormai sconosciuta ai più.
A mostrarci l’emozione della scoperta è Angelo Crosato, storico ed ex conservatore del Museo civico d’arte, uno dei custodi della Pordenone che non si vede, ma che si può ancora trovare. Dove? «Nelle mappe dettagliatissime, che ancora si utilizzano per dirimere contenziosi tra privati» e in qualche angolo che non sfugge a uno storico o a un vecchio pordenonese. Il tratto di quello che Crosato chiama «la mura» spunta in vicolo del Molino, proprio al confine con il retro della casa di riposo Umberto I, a pochi metri dall’affaccio sulla piazza.
«Dalla porta furlana la mura correva lungo vicolo degli andadori, saliva dietro il duomo. Il percorso proseguiva costeggiando la vecchia distilleria Pavan e risalendo dal museo delle scienze. Le mura correvano fin qui – ci ha mostrato, mappa alla mano – e poi qui c’era un angolo di 90 gradi che spostava le mura sul lato opposto, attraverso un arco, creando di fatto il vicolo del Molino. Da qui proseguiva, lasciando fuori il castello».
È pensabile salvare questi nuovi lacerti come è stato fatto per quelli di vicolo del lavatoio che rischiavano l’abbattimento, ora scongiurato? (Grazie alla battaglia dei residenti e alla scelta del Comune di acquistare l’area Battistella e di trasformarla in parco energetico ndr). Se per salvarla significa mettere al sicuro quel reperto per poi ricoprire la strada, è probabile che questo possa essere fatto. Più difficile immaginare di far emergere e quindi rendere visibile quel muro e quello che potrebbe affiorare nei successivi scavi. «La quota di piazza della Motta era nel pavimento della casa di riposo, la spianata risale al 1590 circa per cui è probabile che anche là sotto emerganno segni del passato» prosegue Crosato.
Come salvaguardare allora la memoria? «Un modo c’è – dice però lo storico – e più volte l’ho suggerito agli amministratori. Sarebbe possibile creare con il porfido o con la vernice, come si vuole, un percorso che congiunga i punti in cui si trovano questi segni storici, completando il tutto con delle tabelle esplicative».
Quello che propone Crosato è «partire dall’ingresso del ristorante il Gallo dove si innestava la porta Furlana (che attraversava via San Marco), segnare quell’ingresso e poi il percorso dietro il duono che sbucava qua, con l’arco che c’era in vicolo del Molino, e giù fino al castello. Così si ricreerebbe il percorso degli andadori che tuttora esiste».
La calle, che dalla vecchia porta arriva dietro il duomo (calle degli Andadori), è oggetto di un contenzioso che dura da tempo per definire una volta su tutte di chi sia la proprietà di quel suolo e questo rallenta almeno quel “ricongiungimento”. Crosato ha anche suggerito il recupero dei vecchi toponimi delle vie e sogna «che sia messa la ruota del vecchio mulino sulla roggia, all’inizio del vicolo» (al confine con il park Rivierasca). «Ce n’erano una trentina di ruote a Pordenone perché tutte le attività si facevano con l’acqua. Anche di questo rischiamo di non ricordarci più». —
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