Veneto Banca nelle mani di Atlante: «Un taglio col passato»

L’assemblea con solo 456 presenti nomina il nuovo Cda. Messaggio di Penati: «Cause legali agli ex, sì a partnership, gli azionisti partecipi del risanamento»
Marson Venegazzù assemblea Veneto Banca votazioni
Marson Venegazzù assemblea Veneto Banca votazioni

VOLPAGO DEL MONTELLO. «Elimineremo tutti i lussi e gli sprechi del passato. Erogheremo il credito secondo il merito, non agli amici o con comportamenti illegali. La banca dovrà segnare una radicale discontinuità con le gestioni fallimentari del passato».

Nel giorno dell’assemblea della svolta - netta e drastica, stavolta - le parole più pesanti le dice chi non c’è. È Alessandro Penati, presidente di Quaestio Sgr che gestisce il fondo Atlante. Di fatto, il nuovo “padrone” di Veneto Banca. Ora comanda lui: con l’aumento di capitale da un miliardo si è portato a casa oltre il 97% delle quote dell’istituto montebellunese, e promette «discontinuità rispetto alle passate gestioni in termini di legalità, trasparenza, controlli e strategie».

A dire la verità è stata una gara a promettere discontinuità, in questi due anni del dopo-Consoli. Ora però è diverso davvero: la banca è in mani “foreste”, ha chiuso Treviso e il Veneto fuori dalla stanza dei bottoni (nessun rappresentante del territorio nel cda che sarà guidato da Beniamino Anselmi) e ieri l’assemblea - ovvero Atlante - ha messo in sella i suoi undici uomini per guidare il nuovo corso.

Erano presenti 456 soci, che ormai hanno potere decisionale zero dopo la riforma che ha trasformato l’ex Popolare in Spa: ora, come si è detto e ridetto, i voti in assemblea si pesano, non si contano più secondo il principio “una testa, un voto”. Tradotto: si fa quel che dice Atlante, senza minimo diritto di replica.

Quel che dice Atlante, almeno nel manifesto programmatico che prende la forma di una lettera del presidente Alessandro Penati, viene spedito in mattinata ai giornali e letto in assemblea dal rappresentante ad hoc, l’avvocato Alessandro de Nicola.

Dopo le cannonate alla gestione Consoli si entra nel merito: «Saremo aperti ad eventuali partnership finanziarie e industriali purché sulla base di reali apporti di capitale e di know how per lo sviluppo e pronti a valutare, una volta avviata inequivocabilmente l’opera di ristrutturazione e rilancio e fatta chiarezza sui costi pregressi, ipotesi di quotazione o di fusione con altre banche, a patto che siano nell’interesse di tutti gli stakeholder».

Superfluo citare i numeri delle percentuali (sopra il 99%) con cui Atlante approva le proposte di Atlante stesso all’ordine del giorno: decadimento del vecchio cda, nomina del nuovo, emolumenti agli undici consiglieri contenuti in ottantamila euro lordi l’anno e senza alcun gettone di presenza, mandato fino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2018.

Il futuro che si spera diverso inizia con un’assemblea che è diversa davvero, in maniera palese: pochissime presenze, zero traffico, tempi rapidi. Anche le “tradizionali” e pittoresche proteste dei soci ormai sembrano l’ennesima replica del film di Eddie Murphy a Natale: a salire sul palco sono i soliti noti, molti lo fanno più per protagonismo che per reale convinzione.

L’esercito di piccoli azionisti, azzerati nelle tasche e nel peso decisionale, non si è presentato. Molti vorranno solo girare pagina e dimenticare il loro investimento fallimentare, altri lotteranno sul piano legale sperando di ottenere indietro qualcosa.

Atlante, su questo punto, apre uno spiraglio: Penati scrive che ha «chiesto che il nuovo consiglio prosegua senza indugio e con grande determinazione l’azione di responsabilità nei confronti di chi ha agito contro l’interesse della banca, provocando perdite gravissime per i soci, individuando i singoli profili di colpevolezza».

Poi annuncia la «disponibilità a rendere tutti i soci storici partecipi del risanamento, facendoli beneficiare dell’incremento di valore che si verrà a creare. Tempi e modi sono già allo studio e mi impegno affinché i soci non compromessi con le passate gestioni abbiano in futuro diritto ad acquisire azioni 0,10 euro, lo stesso prezzo pagato da Atlante, qualunque sarà in futuro il valore della banca».

Non sarà mai più 40,75 euro per azione, ma chissà: meglio che niente. Non c’è scelta.

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