Una gravidanza nonostante tutto: le storie friulane dell'eterologa

PORDENONE. «È importante la nostra esperienza, per fare capire alle persone che c’è questa possibilità, che non si arrendano». Leonardo, 35 anni dipendente della pubblica amministrazione della provincia di Udine, è un futuro padre.
Il suo bambino sarà “storico” perché sarà uno dei primi che nascerà all’ospedale di Pordenone grazie alla fecondazione eterologa. Sono sette le coppie che a marzo si sono sottoposte alla pratica, cinque quelle che hanno avuto un esito positivo.
Sono al terzo mese e ormai cominciano a ragionare sul sesso del nascituro e a scegliere i nomi. L’evento è stato consentito dallo smantellamento, a forza di sentenze della Corte costituzionale, della legge 40 che impediva, in Italia, la fecondazione assistita con donazione di ovocita o sperma esterni alla coppia.
Prima per queste coppie l’unica strada possibile era quella del turismo delle nascite: Spagna, Grecia, Belgio in particolare, Paesi dove la legislazione, come ora in Italia, consente l’eterologa con costi, però, particolarmente elevati mentre il Fvg è una delle tre regioni che per prima è partita applicando un ticket massimo di 500 euro.
Ostacoli
Per Veronica, impiegata trentaseienne, ed Enrico, quarantottenne artigiano, abitanti in provincia di Pordenone, l’eterologa ha rappresentato l’unica possibilità per avere un figlio.
Lei a 22 anni è stata colpita da linfoma di Hodgkin con conseguente chemioterapia, radioterapia, un auto trapianto e un trapianto da donatore dopo una ricaduta. È guarita nove anni e mezzo fa.
«Durante questo percorso - racconta - nessuno mi ha detto che c’era la possibilità di preservare gli ovuli». Per avere un figlio hanno scelto la fecondazione assistita: «Sapevo del centro di Pordenone - racconta Enrico - e ci siamo rivolti al dottor Francesco Tomei», responsabile del centro di fisiopatologia della riproduzione umana di Pordenone.
«Ci ha detto che l’unica possibilità era l’eterologa - continua - ma bisognava aspettare perché, pur essendo stata autorizzata si doveva ancora cominciare».
A dicembre il tentativo nel primo gruppo. Dopo l’esito negativo a marzo il secondo, stavolta positivo: la coppia aspetta due gemelli.
«Non è stato pesante nemmeno a livello psicologico - racconta Veronica - anche perché le cure sono state niente rispetto a quello che abbiamo passato».
Pellegrinaggio
Storia diversa quella di Vanessa, casalinga di 35 anni e del marito Leonardo, dipendente della pubblica amministrazione, resident in provincia di Udine.
«Cercavamo un bambino da 12 anni - racconta Vanessa - e avevamo tentato due fecondazioni omologhe in Lazio e Toscana. Erano fallite e avevamo fatto una eterologa a Praga, nel dicembre 2014, che stiamo ancora pagando». Era costata circa 4 mila euro.
Dopo hanno scoperto Pordenone e hanno deciso di provare l’ultimo tentativo a spese del servizio sanitario. «Era la nostra ultima possibilità - racconta Leonardo -, ci hanno messo in lista: ci abbiamo provato ed è andata bene».
«Questa volta - racconta Vanessa - sono stata molto più tranquilla, ho affrontato con meno stress il percorso». Secondo Leonardo «il momento di maggiore tensione è stato quando abbiamo dovuto fare gli esami per vedere se c’era la gravidanza e se proseguiva».
A Praga erano andati individuando una clinica su internet: «Probabilmente ci avremmo riprovato - spiega Leonardo -, ma avremmo dovuto mettere via i soldi. A Pordenone ci siamo trovati benissimo, ci hanno aiutato per molti aspetti ed erano sempre disponibili».
Tenacia
È quella di Pamela, commerciante trentasettenne della provincia di Udine, che mentre racconta spesso si commuove. «A 23 anni mi è stata diagnosticato un problema all’utero - afferma - e mi è stato detto che non avrei potuto avere figli. Invece mi sono ostinata a provare».
Prima ha tentato con l’omologa alla Città di Udine, poi si è rivolta a Pordenone: anche qui un tentativo di omologa con scarsi risultati. «Mi hanno detto che l’unica possibilità era l’eterologa - dice - e ci abbiamo provato. È stata una gran fortuna poterla fare qui perché noi non avremmo potuto permetterci di andare all’estero».
Lo ha detto alla famiglia e anche la suocera ottantenne ha approvato la scelta. «È una soddisfazione - racconta la madre - avere una figlia che ha affrontato un percorso così complesso ed essere arrivata alla lieta conclusione».
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