Una banca storica per i friulani

UDINE. All’inizio (come in ogni storia che si rispetti) ci sono un anniversario e un gruppo di personaggi di spicco. Se vogliamo andare alla fonte udinese della lunga vicenda che arriva malinconicamente ai giorni attuali, con l’inchiesta scattata nella Banca Popolare di Vicenza, è necessario fissare subito una data, il 6 gennaio 1885, poco più di 140 anni fa.
E’ quello il giorno in cui nel teatro Minerva, che si trovava di fronte al famoso Sociale lungo la via dei Teatri, attuale via Stringher, si tiene l’assemblea costitutiva della “Banca Cooperativa Udinese”, alla presenza del notaio Valentino Baldissera: 36 persone sottoscrivono 578 azioni da 25 lire ciascuna.
Nell’atto figurano fra i fondatori nomi illustri quali Marco Volpe, Bonaldo Stringher, il garibaldino Giusto Muratti, accanto a cognomi tra i più diffusi in città. Per esempio Mesaglio, Agosti, Flaibani, Gennari, Conti, Della Rovere, Sutto, Ronzoni, D'Arcano, Morelli eccetera.
Presidente venne eletto Marco Volpe e direttore Giuseppe Ermacora, che restò in carica fino al 1892. Come sede, prima di passare successivamente in via Sarpi e poi dal 1904 nel palazzo Mangilli acquistato in via Cavour, venne chiesta ospitalità alla Società operaia di mutuo soccorso.
A rendere importante la nascita di quella che in seguito diventerà la Banca Popolare Udinese (dal 1998 entrata nella galassia della Popolare vicentina) è in particolare il patto stretto fra uomini di assoluto valore in un Friuli annesso nel Regno d’Italia solo dal 1866 e amministrato da una classe politica borghese di idee laiche e anticlericali.
Spicca la biografia di Marco Volpe, lo spilimberghese di umili origini capace con le sue iniziative imprenditoriali di dar lavoro a tanta gente sostenendo anche i primi progetti del giovane Arturo Malignani e donando a Udine opere come l’asilo che ne porta il nome.
Accanto a lui c’erano la competenza e il carisma di Bonaldo Stringher, il ragazzo di borgo Pracchiuso fattosi da sé, che diventerà il primo governatore della Banca d’Italia. Storie notevoli, da ricordare perché le troviamo spesso nel cuore di tante realizzazioni generose e profetiche.
In città esisteva già da 12 anni la Banca di Udine quando il gruppo promotore volle dar vita alla Banca Cooperativa, frutto del programma sociale di cui Stringher era un protagonista, avendo avuto come maestro a Venezia il professor Luigi Luzzatti, artefice della diffusione delle banche popolari nel nostro Paese. Il luogo per diffondere tali teorie divenne Ca’ Foscari, primo ateneo in Italia per l’insegnamento dell’economia.
Quel giorno di gennaio Bonaldo arrivò da Roma, dove lavorava al ministero dell’Agricoltura, per tenere il discorso inaugurale essendo presidente del comitato promotore.
Suggestive e ancora attuali le sue parole che possiamo leggere in un libro scritto nel 1985 dal professor Alessandro Vigevani per il centenario della banca. Stringher con passione e vigore replicò alle obiezioni avanzate contro le banche cooperative.
Le difese sostenendo che tali istituti (lui li chiamava “luzzattiani”) devono essere costituit. i “da padroni di bottega, merciaiuoli al minuto, piccoli negozianti e piccoli industriali, con l’utile concorso delle classi ricche, alle quali spetta il compito di cooperare al bene delle classi meno abbienti”.
Spiegò poi la necessità di ridurre al minimo le spese di amministrazione, di attrarre sempre nuovi azionisti, di accrescere il fondo di riserva, di far fruttare adeguatamente risparmi e depositi, il tutto - disse - per mantenere un tasso di sconto accessibile anche alla clientela con minori possibilità.
Dopo aver affermato che una banca cooperativa ha il compito di proteggere e aiutare i deboli, il futuro governatore si augurò che altre località friulane seguissero l’esempio udinese avviando iniziative simili, sempre promosse dalle società operaie, per debellare la piaga dell’usura.
Il cronista presente nel teatro Minerva annotò che le parole di Stringher furono ascoltate in religioso silenzio e accolte al termine da unanimi applausi. Una lezione di etica e impegno morale che hanno senso anche al giorno d’oggi.
Non è inutile riscoprire e leggere simili storie perché il nostro mondo arriva da lì. Cosa curiosa, ma significativa è che a fungere da testimoni per l’atto costitutivo furono Edmondo Bassi, falegname di Udine, e Giobatta Pirona, giovane di Zompicchia.
La banca prese poi il largo, autononamente rispetto ai prestigiosi nomi che l’avevano ideata. Stringher venne sempre più sommerso dalle vicende della capitale dove ebbe un ruolo decisivo dopo lo scandalo che coinvolse la Banca Romana e da cui si uscì con l’istituzione della Banca d’Italia.
Marco Volpe invece passò nel 1886 la presidenza al barone Elio Morpurgo, che la mantenne fin quando fu eletto sindaco di Udine e poi senatore. Al suo posto subentrò nel 1894 Giobatta Spezzotti, industriale del tessile, in carica fino alle soglie della guerra nel 1914, quando la presidenza spettò a Giusto Venier.
Intanto nel 1913 si era verificata una crisi improvvisa dovuta agli eccessivi immobilizzi dei crediti concessi. Come conseguenza, chiusura temporanea degli sportelli e licenziamento del direttore. Passata quella buriana e quella planetaria della guerra, la banca riprese vigore e nel 1920 aprì le prime filiali a Palmanova e Spilimbergo.
Altra fase notevole nel 1932 con l’incorporazione della Banca Friulana, cooperativa con sede nel palazzo Eden. Il cambio di presidenza avviene nel 1944 e a Venier succede Nicola Larocca, figura di primo piano in città, che conduce l’istituto nel dopoguerra quando il nome cambia in “Banca Popolare Cooperativa Udinese” per arrivare al definitivo “Banca Popolare Udinese” nel 1974.
Nuovo presidente nel 1964 con la nomina del professor Mario Dal Dan mentre si festeggia l’avvio della meccanizzazione grazie al primo calcolatore in filiale. Nel 1970 diventa direttore generale Pietro Agnoluzzi, altro protagonista d’assoluto rilievo.
Settimo e ultimo presidente dal 1980 l’avvocato Roberto Tonazzi, che guida l’istituto fino al 1998 quando l’assemblea dei soci con maggioranza schiacciante (2 mila 550 su 3 mila 200) decide di trasformare la banca in Spa aprendo le porte ai vicentini e agli sviluppi degli ultimi 15 anni. Ma il presidente era uno dei 650 contrari.
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