Un ministro della regione dopo 18 anni, ma il Friuli resta ancora a bocca asciutta

UDINE. Dopo 18 anni dal dicastero targato Willer Bordon, la regione torna ad avere un proprio esponente nelle vesti di ministro – il grillino triestino Stefano Patuanelli –, ma il Friuli resta ancora una volta a bocca asciutta, cioè privo di esponenti di primo piano nell’esecutivo.
E a questo punto sono esattamente 30 anni che un udinese non trova spazio al Governo, visto che l’ultimo ministro friulano della storia risponde sempre al nome di Giorgio Santuz, al vertice dei Trasporti con Ciriaco De Mita fino al luglio 1989.
Carriera lampo
Patuanelli, 45 anni, è il nuovo ministro dello Sviluppo Economico ed eredita il dicastero – fino a qualche settimana fa accorpato a quello del Lavoro – dalle mani del suo leader politico Luigi Di Maio. Sì perché il triestino Patuanelli ha iniziato il suo attivismo nel M5s già nel 2005 con i primi gruppi “Amici di Beppe Grillo”. Eletto in Consiglio comunale a Trieste nel 2011 è stato, fino al 2016, capogruppo pentastellato in piazza Unità. Dopo aver deciso di non ricandidarsi, quindi, ha puntato tutto sul Senato.
E a palazzo Madama è entrato, il 4 marzo dello scorso anno, da capolista in quota proporzionale del Friuli Venezia Giulia. Diventato capogruppo, in questi giorni è stato al centro delle trattative per la formazione del nuovo Governo giallorosso. Fino a una manciata di ore prima della salita di Giuseppe Conte al Quirinale, inoltre, sembrava che dovesse ottenere il ministero delle Infrastrutture, al posto del suo compagno di partito Danilo Toninelli, ma alla fine la scelta è caduta sullo Sviluppo Economico.
Delusioni e attese
Niente da fare, invece, per gli altri esponenti regionali che sembravano in corsa per un posto da ministro e che, adesso, si “aggrappano” ai possibili ruoli di sottogoverno – leggasi quelli da viceministri o sottosegretari – che verranno decisi nelle prossime settimane. Ci crede, anche per una questione di genere, l’ex governatrice Debora Serracchiani che era data come “papabile” alla Famiglia, ma che invece è rimasta fuori dal Governo. Stesso destino e medesime, possibili, ambizioni, quindi, per Tommaso Cerno che sperava nella Cultura oppure nelle Pari Opportunità, mentre sembra essere stata “bruciata” nel finale la corsa di Ettore Rosato.
Il padre della legge elettorale, infatti, era dato, se non in pole position, quantomeno nelle prime fila per quanto riguardava i renziani anche se, alla fine, per la corrente dell’ex rottamatore sono stati indicati Lorenzo Guerini e la new entry Elena Bonetti con Rosato che, quindi, resterà vicepresidente della Camera visto che difficilmente accetterebbe un ruolo di Governo secondario. Resta da valutare, infine, una possibile promozione a Roma anche del consigliere regionale Francesco Russo – vicinissimo al segretario dem Nicola Zingaretti – così come un’eventuale conferma del grillino Vincenzo Zoccano.
La rabbia delle minoranze
Il nuovo Governo non piace – per utilizzare un eufemismo – a Lega e Fratelli d’Italia. Massimiliano Fedriga, in particolare, ha sfogato la sua “rabbia” su Facebook. «Ecco chi non era a caccia di poltrone. Il Governo Renzi-Di Maio -Boldrini per sicurezza aumenta la compagine di Governo di tre ministri e arrivano a 21» ha scritto prima di attaccare il neotitolare del dicastero all’Economia Roberto Gualtieri.
«Secondo voi – ha chiesto ironicamente il governatore –, per rilanciare la nostra economia era necessaria una figura autorevole che non si piegasse a diktat esterni oppure “un profilo ibrido, molto apprezzato a Bruxelles”?».
Fratelli d’Italia, quindi, ha addirittura organizzato un flash mob in centro a Udine per protestare contro un «esecutivo figlio di un pessimo accordo poco politico, ma molto attento alle poltrone che, ancora una volta, si basa su vetusti accordi di palazzo al posto che ridare, così come a noi sembrava corretto, la parola ai cittadini italiani» per citare il segretario regionale Walter Rizzetto. Forza Italia, per bocca di Sandra Savino, ha invece voluto augurare «un sincero augurio di buon lavoro al triestino Patuanelli: pur nella distanza politica che divideva e divide Fi e M5s, confidiamo che la presenza di un triestino nel Governo possa giovare alla città e alla regione».
Pd e Grillini
Opposto, invece, lo stato d’animo in casa del Pd e di M5s. «Il Governo è il risultato di un grande impegno politico, che ha portato il Pd a dialogare con il M5s per far fronte a una vera emergenza del Paese – commenta Serracchiani –, scongiurare la recessione economica più buia e riportare in primo piano i diritti. Costruendo una nuova maggioranza e nuove politiche, abbiamo fatto fronte in tempi brevi a una crisi di Governo decisa con cinismo da Matteo Salvini, che resta una questione aperta e una sfida per il Pd e il centrosinistra». Pollice alto anche per Cristiano Shaurli.
«Il Pd si assume la grande responsabilità di contribuire a una fase nuova e migliore per il Paese. In un momento economico difficile e con un’alleanza che andrà rinsaldata giorno dopo giorno, il Pd ha dimostrato unità e interesse solo per il futuro dell’Italia».
E se per la senatrice democratica Tatjana Rojc fare nascere questo Governo è «un atto di coraggio», il deputato grillino M5s Luca Sut dopo aver difeso ancora una volta il voto su Rousseau invita tutti a «rimboccarsi le maniche» per seguire la strada tracciata dal presidente del Consiglio, cioè, in estrema sintesi «non lasciare i sogni nel cassetto».
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