Un gambero “killer” infesta i canali Nella Bassa è allarme

Il crostaceo della Louisiana si sta sempre più diffondendo Gli esperti: fa strage di fauna locale e danneggia gli argini

MUZZANA

È allarme gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) nella Bassa Friulana: canali di irrigazione e piccoli corsi d’acqua sono infatti infestati da questo crostaceo, che ora si sta acclimatando anche sul Cormor al confine tra Carlino e Muzzana provocando danni agli argini ma soprattutto, rappresentando una minaccia per tutte le specie autoctone, tanto da essere definito “gambero killer”.

È particolarmente aggressivo, dotato di potenti tenaglie, in acqua è voracissimo: è un predatore di avannotti, invertebrati e di tutta la fauna, arrecando danni anche alla pesca. Non solo, siccome resiste anche fuori dall’acqua, c’è chi se li trova in giardino.

Il gambero rosso è commestibile e nel vicino Veneto c’è l’autorizzazione a raccoglierlo e mangiarlo dopo previa depurazione.

Alcuni rappresentanti del Comitato per la difesa del Bosco di Muzzana, tra cui Massimo Del Ponte, hanno segnalato il problema all’Ente tutela pesca che però, davanti ad un fenomeno in così rapida espansione, poco può fare. «È un flagello per tutte le nostre creature d’acqua» dice Del Ponte

Secondo gli esperti, il gambero rosso della Louisiana costituisce una minaccia per la biodiversità e le arginature, rappresenta infatti un problema per i rischi associati alla modificazione dell’ambiente dovuta alle abitudini di scavo che rendono i terreni porosi e possono produrre infiltrazioni d’acqua e crolli delle sponde e, non avendo alcun contendente, cioè nessun nemico, come invece avviene in Lousiana dove rientra nella dieta di più di una specie animale.

La scienza sta lavorando per combattere l’espansione della specie, spiega Piero Giulianini, dell’Università di Trieste: «La tecnica di rilascio di maschi sterili (Smrt) è stata scelta in Friuli Venezia Giulia come parte della strategia per controllare le popolazioni locali di gamberi della Louisiana. L’Smrt – spiega – consiste nel rilascio nell’ambiente di maschi sterili che sono sessualmente attivi e in grado di competere con maschi non trattati per l’accoppiamento».

Attualmente si è concentrati sulla ricerca di metodi autocidi innovativi, caratterizzati dall’uso di molecole specifiche, facili da diffondere, producibili su larga scala e utilizzabili durante tutto l’anno.—



Riproduzione riservata © Messaggero Veneto