Udinese, cinque anni di attese tradite da giocatori e società

UDINE. Solitamente in redazione arrivano solamente telefonate di protesta o lamentele. Giovedì 31 ottobre è stata una giornata eccezionale in questo senso. Solo consensi per i commenti e i voti delle pagelle (4 e tutti dietro la lavagna).
Sia chiaro: non è una autocelebrazione questa, ci mancherebbe, semplicemente la constatazione del malcontento che serpeggia tra la tifoseria, delusa sì dai risultati, ma soprattutto dall’atteggiamento dei giocatori. Perché alla fine in campo ci vanno loro.
E chi pensava che a Bergamo si era toccato il fondo, si sbagliava di grosso. Con la Roma la sconfitta è stata ben più grave: se con l’Atalanta l’inferiorità numerica era stata un alibi, l’uomo in più con la Lupa è per forza di cose un’aggravante.
Pagherà l’allenatore, come sempre, ma le colpe sono di tutti, in primis della società. Il progetto tecnico non regge da cinque anni: cambiano gli allenatori e il prodotto è sempre lo stesso. E allora forse è il caso che qualcuno si faccia delle domande.
Dal 2014 a questa parte (in quello attuale c’è ancora il tempo per invertire la tendenza, ma abbiamo dei seri dubbi che ciò accada) l’Udinese lotta per salvarsi. Tudor, rispetto ai suoi predecessori, si ritrova una varietà di soluzioni molto più ampia. Oddo, quando perse per infortunio Lasagna a Torino, si voltò verso la panchina e le alternative si chiamavano Maxi Lopez e Perica. Il tecnico croato in panchina ha Nestorovski e Pussetto, non due qualunque.
Cambiano gli allenatori e i problemi sono sempre quelli. L’Udinese, chiusa l’era dello zoccolo duro formato da Di Natale, Pinzi e Domizzi, non ha più un’anima. A Bergamo non c’è stato nessuno che ha scosso i compagni mentre l’Atalanta faceva grandinare palloni nell’area di rigore, idem l’altra sera con la Roma.
Gli emblemi dell’Udinese degli ultimi anni sono due giocatori: Samir e De Paul. Il brasiliano ha avuto un buon avvio di stagione, ma come sempre, a un certo punto gli si spegne la lampadina. E nel momento in cui bisogna giocare con carattere e personalità marca visita.
Non solo. Samir è un po’ il cocco della proprietà: vuole giocare difensore centrale nella linea a tre e non ama fare l’esterno. Dopo la pessima prestazione di Bergamo forse sarebbe stato il caso di far giocare Nuytinck sul quale, però, pare ci sia un veto dall’alto.
La colpa dell’olandese che lo scorso anno era stato il vero leader della difesa nella volata salvezza? Quello di aver rifiutato il trasferimento in estate all’Amiens in Francia.
Quanto a De Paul abbiamo detto tutto e il contrario di tutto su di lui in questi mesi. Scontata la squalifica di tre giornate, ha giocato da titolare le ultime quattro partite e in tre è stato improponibile: non è questo il rendimento che ci si aspettava da un giocatore al quale l’Udinese dieci giorni fa ha rinnovato il contratto fino al 2024 adeguandogli l’ingaggio a 1 milione, cifra insolita per le casse bianconere.
Per essere giocatori veri non basta saper toccare il pallone con la suola, bisogna metterci cuore, carattere, passione. Con il Torino De Paul si era reso protagonista di un recupero difensivo degno di un uomo squadra, con l’Atalanta e la Roma non si è visto niente di tutto questo.
Dal giocatore più rappresentativo ti aspetti tre prestazioni buone e una sbagliata non il contrario. E visto il mancato trasferimento in estate, per il quale i suoi procuratori hanno spinto molto, l’ombra del D’Agostino-bis si allunga sempre più come uno spettro minaccioso.
A proposito di trasferimenti, pare che anche Lasagna e Barak siano insoddisfatti e vorrebbero cambiare aria. Così diventa difficile fare calcio. —
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