Udine, morte sospetta all’Hospice: c'è l’ombra della “mucca pazza”

UDINE. C’è l’ombra di una variante della Bse, meglio nota come “morbo della mucca pazza”, dietro la morte di un pensionato udinese spirato lunedì all’Hospice del Gervasutta, dove era ricoverato da alcuni giorni.
Stando ai primi accertamenti, l’anziano potrebbe essere stato vittima della malattia di Creutzfeldt-Jacob (Mcj) considerata una variante della Bse, o morbo della mucca pazza. Ora sarà necessario effettuare una serie di esami anatomopatologici e, in particolare, la biopsia del materiale cerebrale, per stabilire con precisione quale sia stata la causa del decesso.
Le prime analisi effettuate sul liquor cefalo-rachidiano, tuttavia, hanno confermato la presenza del terribile prione, responsabile dell’encefalopatia spongiforme bovina che provoca danni irreversibili al sistema nervoso centrale dell’animale e anche nell’uomo.
Le condizioni dell’anziano, alla soglia degli ottant’anni, erano andate rapidamente peggiorando nei mesi scorsi: manifestava difficoltà cognitive, perdita di memoria e problemi di deambulazione. Fino a quando, poche settimane fa, il quadro si è aggravato e si è reso necessario il trasferimento all’ospedale di Udine e il ricovero in Terapia intensiva dove è rimasto per una quindicina di giorni. È in quella fase che i medici hanno avviato una serie di test. Superata la fase acuta il paziente è stato trasferito all’hospice, dove è morto lunedì.
«Si tratterebbe di un caso di encefalite spongiforme sostenuta da prioni – osserva il direttore della Clinica malattie infettive dell’ospedale di Udine Matteo Bassetti – l’esame effettuato dall’Università di Verona, specializzata in questo tipo di patologie degenerative a carico del sistema nervoso centrale, ha confermato un collegamento ai prioni, ma dovranno essere effettuati altri accertamenti per confermare la causa del decesso. Si tratta di una malattia che può avere un decorso lunghissimo e che potrebbe essere stata contratta anche una trentina di anni fa».
Quand’anche quindi si trattasse di una patologia scatenata dal consumo di carni bovine infette si riferirebbe a un episodio risalente a epoche in cui non vi era nemmeno l’ombra dei controlli che vengono garantiti attualmente sui prodotti posti in commercio. I casi di pazienti colpiti da queste varianti di “mucca pazza” sono estremamente rari (uno su un milione) e vengono definiti “sporadici”, in quanto ancora non esiste una prova certa che siano legati all’uso di carni bovine non controllate.
I prioni appartengono al genere dei virus lenti perché richiedono lunghi periodi di infezione prima che la malattia si manifesti. Sono stati scoperti nel 1982 da uno scienziato americano, Stanley Prusiner. Si è compreso che il prione agisce sulle cellule modificando una particolare proteina presente nei tessuti nervosi e accumulandosi in forma di placche nel cervello.
I sintomi sono simili sia negli animali che nell’uomo. La malattia si manifesta al principio con problemi psichici (depressione, ansietà) ed evolve con disturbi sensitivi che si aggravano con la perdita del coordinamento nei movimenti e dell’equilibrio, quindi si conclude con la paralisi. Non esistono terapie, l’esito è mortale.
A fornire qualche informazione sul caso specifico è lo stesso commissario straordinario dell’Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine Mauro Delendi: «I primi accertamenti sul paziente ricoverato all’Hospice – riferisce – indicano che era affetto dal morbo di Creutzfeldt–Jacob, una malattia neurodegenerativa. Va detto che si trattava di un paziente anziano – aggiunge – e di un quadro clinico complesso che dovrà essere approfondito».
Nessun allarme quindi, nè in relazione al rischio di trasmissione, visto che non si tratta di una malattia infettiva, e nemmeno esiste alcun genere di allarme in merito al consumo di carne bovina non controllata, visto che l’origine di questa patologia è incerta e comunque remota.
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