Udine, caso meningite: in centinaia in fila per la visita, ma l’allarme è rientrato

UDINE. Un centinaio di ragazzi finiti al Pronto soccorso di Udine, decine di telefonate all’ospedale, al Dipartimento di prevenzione e alla Clinica Malattie infettive dell’Azienda sanitaria universitaria integrata. La paura della meningite, dopo la scomparsa della diciannovenne Susanna Rufi, morta a Vienna durante il viaggio di ritorno dalla Giornata mondiale della gioventù, si è trasformata in psicosi per molti dei 90 mila ragazzi che hanno vissuto la stessa esperienza in Polonia. In particolare per quelli che sono passati per Casa Italia, il quartier generale italiano, dove la ragazza aveva sostato nella giornata di mercoledì.
L’allarme nella notte
L’ospedale di Udine è stato il primo a fronteggiare l’onda d’urto, visto che verso le 21 di lunedì ha accolto un pullman di ragazzi romani fra i quali c’era una giovane che manifestava sintomi compatibili con la meningite. Nell’arco di tre ore tutti i pellegrini sono stati valutati e sono ripartiti per il Lazio, poichè erano stati già sottoposti a profilassi a Vienna, mentre la ragazza è stata tenuta in osservazione e sarà dimessa oggi.
«Aveva la febbre alta e una forte cefalea, ma l’esame del liquor prelevato dal canale vertebrale ed esaminato dal personale in servizio alla microbiologia ha dato esito negativo» relaziona Roberto Cocconi della Direzione medica di Presidio all’ospedale Santa Maria della Misericordia».
I ragazzi di Treviso
Verso mezzanotte un altro pullman composto da pellegrini trevigiani, ha fatto tappa a Udine. Una triangolazione di forze composta da un medico di guardia – una dottoressa neoassunta al primo giorno di servizio –, il dottor Matteo Bassetti direttore della Clinica Malattie infettive in diretta telefonica nonostante fosse in vacanza e il personale dell’emergenza si sono mobilitati per garantire assistenza.
«Abbiamo gestito la situazione richiamando in servizio alcuni medici e dimostrando di essere un centro che funziona – conferma Bassetti – provvedendo alla profilassi per i ragazzi che necessitavano di una copertura».
La psicosi
Da allora è stato un susseguirsi di telefonate alla Clinica malattie infettive, al Dipartimento di prevenzione, alla centrale operativa del 118 e al Pronto soccorso dell’ospedale da parte di persone che volevano informazioni e che dichiaravano di avere i sintomi della meningite.
«Molti di questi erano pazienti che non avevano vissuto situazioni di possibile contagio ma che si erano allarmati dopo aver avuto sintomi febbrili» spiega Cocconi. Non è quindi il caso di intasare il Pronto soccorso ospedaliero o il Dipartimento di prevenzione se non si hanno motivi fondati per ritenere di essere stati esposti al contagio. Il Dipartimento di prevenzione può fornire tutte le informazioni e, soprattutto, garantire una valida prevenzione attraverso le vaccinazioni.
Pochi vaccinati
È proprio la scarsa propensione da parte dei genitori a vaccinare i bambini ad aumentare il rischio che la meningite si diffonda.
L’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine intende investire su questo fronte. La copertura minima vaccinale suggerita dall’Organizzazione mondiale della sanità è del 95%, ma nel bacino territoriale dell’Azienda quelle contro il Meningococco C al primo anno di età sono all’82%, quelle da Meningococco B, da poco avviate, superano di poco il 50%, per lo pneumococco si arriva all’85% sempre al primo anno di età, mentre quella da meningococco A, C, Y per gli adolescenti non va oltre il 70 e il 72%.
I Papa boys
Erano 379 i ragazzi provenienti dall’Arcidiocesi di Udine che si sono radunati a Cracovia, provenivano da tutte le parrocchie e alcuni di loro, almeno una quarantina, hanno fatto tappa a Casa Italia.
«È stata questa l’unica possibilità di contagio, peraltro abbastanza remota, per i nostri ragazzi – spiega il segretario dell’Ufficio di pastorale giovanile Giovanni Lesa – non abbiamo avuto altri contatti con il gruppo di ragazzi romani, non abbiamo viaggiato assieme, nè abbiamo mangiato o dormito negli stessi posti».
In via precauzionale però i responsabili dell’Ufficio di Pastorale giovanile hanno fornito alle autorità sanitarie i nominativi dei friulani che hanno partecipato alla Gmg e dei 40 ragazzi che sono passati per Casa Italia, il quartier generale italiano con gli uffici per la gestione dei disabili, per i vescovi (dove l’arcivescovo udinese monsignor Andrea Bruno Mazzocato non è passato), una sezione distaccata del consolato italiano, un luogo di ristoro e un grande parco con la wi-fi dove molti ragazzi si davano appuntamento.
L’invito per i 40 ragazzi friulani che ci sono stati è quello di sottoporsi alla profilassi e, per tutti gli altri, basterà un periodo di osservazione, o una visita dal medico in caso di febbre accompagnata a cefalea.
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