Uccise il figliastro: niente carcere a vita

Condannato a 20 anni il moldavo Andrei Talpis. I giudici: pena meno pesante perché mancava la consanguineità
Remanzacco 26 novembre 2013.Omicidio in viale del Sole 4..Copyright Foto Petrussi / Turco
Remanzacco 26 novembre 2013.Omicidio in viale del Sole 4..Copyright Foto Petrussi / Turco





Niente carcere a vita, ma una pena a 20 anni di reclusione per Andrei Talpis, il moldavo 54enne che la notte del 26 novembre 2013, al culmine di una lite, colpì a morte il figlio adottivo Ion con un coltello da cucina e tentò di fare altrettanto con la moglie Elisaveta nella sua abitazione a Remanzacco. Talpis doveva rispondere delle accuse di omicidio volontario, tentato omicidio, maltrattamenti e porto abusivo dell’arma. Lo hanno deciso i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Venezia (presidente Elisa Mariani, a latere Maria Carla Maiolino), dove ieri si è celebrato il processo bis dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato la pena all’ergastolo inflitta nel 2015 dal Gup di Udine e confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Trieste nel 2016.

Il motivo? Ion non era il figlio naturale di Talpis. E, in assenza di consanguineità, manca l’aggravante speciale che, in virtù di una discendenza tra la vittima e il suo carnefice, prevede il massimo della pena A proporre l’impugnazione della sentenza di condanna alla pena massima è stato l’avvocato difensore di Talpis Roberto Mete, adducendo motivazioni che sono state accolte dalla Cassazione. «L’esito dal punto di vista della difesa era scontato, dopo la pronuncia della Suprema corte» commenta Mete. È stata la legale della costituita parte civile Samantha Zuccato a sollevare la questione di legittimità costituzionale censurando la disparità di trattamento tra figli naturali e figli adottivi, che il codice penale presuppone al fine di garantire al solo omicidio del figlio naturale l’aggravante che può giustificare la pena dell’ergastolo.

«Dal nostro punto di vista – argomenta l’avvocato Mete – la questione era manifestamente infondata sia sotto l’aspetto della sussistenza di riserva di legge in capo al legislatore sulle scelte di indirizzo generale in materia penale, sia sotto l’aspetto dell’evidente irrilevanza sul processo in corso in quanto, anche se la norma che esclude l’ergastolo per l’uccisione dei figli adottivi fosse dichiarata incostituzionale, all’imputato non avrebbe potuto essere applicato il nuovo trattamento peggiorativo, grazie al principio di irretroattività di una norma penale sfavorevole».

Il Procuratore generale, pur considerando la questione di legittimità astrattamente fondata, ha convenuto sull’irrilevanza nel processo in corso. La Corte non ha tenuto in considerazione la questione di legittimità costituzionale e ha pronunciato una sentenza modificando la pena secondo ile prescrizioni della Cassazione, che, considerata la sussistenza di un duplice delitto e la celebrazione del processo con il rito abbreviato, non poteva superare i 20 anni di reclusione.

«Attendiamo le motivazioni per comprendere perché non sia stata accolta la questione di legittimità – è il commento del legale della parte civile. È auspicabile a questo punto un intervento del legislatore». —



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