Uccisa in viaggio di nozze, nuova pista
Un assassinio in carcere e uno in un conflitto a fuoco riaprono il giallo di Los Roques. Ma la burocrazia frena le indagini
Chi conosceva il segreto di quella morte ingiusta e senza senso è morto in circostanze misteriose e violente. E’ morto portando con sè nella tomba il nome e soprattutto il motivo dell’omicidio di Elena Vecoli, la ragazza originaria di Pordenone assassinata in luna di miele in Venezuela nel settembre di due anni fa. E’ questa la nuova tesi che si fa strada negli ambienti giudiziari e che troverebbe conferma da fonti della comunità italiana in Venezuela. Una tesi che la famiglia di Elena - la mamma Rossana Filipetto è di Pordenone – sta cercando disperatamente di verificare ostacolata dal fragoroso silenzio delle autorità venezuelane. Sembra ormai chiaro che i killer introdottisi nella camera dove dormivano Elena e il marito Riccardo, nella notte tra il 26 e il 27 settembre 2006, fossero stati mandati là per uccidere altre due persone: i titolari della posada “La Lagunita” di Los Roques. La camera d’albergo in cui dormivano i neo sposi, infatti, era quella del titolare della struttura alberghiera che – come era solito fare in caso di numerose prenotazioni – l’aveva ceduta agli ospiti. Riccardo Prescendi, marito di Elena, è sopravvissuto a quella orrenda notte per la stessa fatalità a cui si deve la morte di sua moglie. Accettare che si sia trattato del caso, di un destino spietato, non basta però ai famigliari della giovane coppia. Non si può accettare di perdere una figlia in quel modo, ma per i famigliari di Elena e Riccardo non si può e non si deve nemmeno accettare che due italiani siano completamente abbandonati all’estero. Che la loro vita valga talmente poco da non trovare risposte, o peggio, da non meritare giustizia. Secondo le ultime notizie che arrivano dall’altra parte del mondo, i due uomini che hanno commesso l’aggressione sarebbero morti in circostanze tutte da chiarire: il primo sarebbe stato ammazzato in carcere, il secondo avrebbe perso la vita in un conflitto a fuoco dai contorni tutt’altro che chiari. Se così fosse la morte dei sicari avrebbe portato via con sè la verità su quella notte e soprattutto il nome e il volto del mandante, di chi ha strappato, pur se involontariamente, la vita di Elena e segnato per sempre quella di Riccardo. Ma su tutto questo la famiglia non riesce a fare luce. «Da gennaio, da quando abbiamo ricevuto notizie di queste voci – racconta Rossana Filipetto – ci siamo rivolti al ministero degli Esteri, che ci ha rinviato al consolato italiano in Venezuela, che ha sua volta ci ha “rimbalzato” all’ambasciata italiana a Caracas. E qui si è fermato tutto. Di fatto abbiamo trovato un muro di gomma». Un muro di silenzio che sembra coprire una verità necessaria a restituire un senso alla morte di Elena. La comunità italiana in Venezuela sta cercando di aiutare la famiglia reperendo informazioni su quanto avvenne quella notte. Al contrario, dalle autorità venezuelane non sembra arrivare alcun segnale e nemmeno il governo italiano sembra aver sollecitato a sufficienza le indagini. Lo scorso ottobre è stata presentata al Senato un’interrogazione parlamentare sulla sicurezza degli italiani che si recano in Venezuela e sul caso di Elena Vecoli. Ma anche quella è finita nel silenzio.
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