Truffa e abuso: sotto inchiesta ex medico dell’Udinese e altri sei

Nei guai Giorgio Indovina, i suoi collaboratori di studio e tre responsabili dell’Ass n.4 “Medio Friuli” Sono accusati di avere esercitato la professione anche dopo la revoca delle autorizzazioni sanitarie
Di Luana De Francisco

I carabinieri del Nas avevano accertato irregolarità nei suoi due studi di Udine e San Giovanni al Natisone e lui, privato dell’autorizzazione sanitaria allo svolgimento dell’attività professionale, non avrebbe potuto rilasciare alcun certificato d’idoneità agonistica. Eppure, Giorgio Indovina, 61 anni, di Pasian di Prato, noto per essere stato il responsabile medico dell’Udinese fino al 2002 e, soprattutto, per avere salvato la vita al difensore del Cagliari, Gianluca Grassadonia, dopo un infortunio sul campo del Friuli nel ’98, aveva continuato a lavorare. E aveva continuato anche ad accumulare compensi giudicati superiori al dovuto, sottoponendo i propri pazienti a un test ritenuto non necessario. Quanto basta, secondo la Procura, per formulare a suo carico un lungo elenco di capi d’imputazione.

Estesa in breve ai collaboratori di Indovina, l’inchiesta aveva finito per coinvolgere anche i responsabili dell’Azienda per i servizi sanitari n.4 “Medio Friuli” che avevano firmato i provvedimenti di autorizzazione all’apertura delle medesime strutture di via Forni di Sotto (a Udine) e piazzetta di Brazzà (a San Giovanni). Era il febbraio del 2011 e a presentare domanda ai competenti uffici aziendali era stata la nuova amministratrice cui la società era stata nel frattempo intestata. Un’operazione “in corsa”, effettuata con atto notarile del dicembre 2010, che aveva portato alla sola modifica della denominazione della società da “Eubios srl” a “Bios medica srl”. Chiuso il cerchio delle indagini preliminari, nelle settimane scorse il pm Andrea Gondolo ha fatto notificare sette avvisi di garanzia.

Indagato in qualità di medico della medicina dello sport - e, quindi, di incaricato di pubblico servizio -, oltre che di titolare della “Bios medica srl”, Indovina dovrà rispondere di falsità ideologica, di due ipotesi di truffa aggravata (per avere aggiunto agli esami di una dozzina di pazienti il test del “cicloergometro”, al costo di 50 euro l’uno e per averne visitati altri 30 senza le dovute autorizzazioni) e di una terza tentata. Oltre che, in concorso con la sua collaboratrice e contitolare Paola Fadel, 49 anni, di Pasian di Prato, e con Nella Zanin, 81 anni, di Udine, madre della Fadel e amministratore unico della “Bios medica srl”, di avere attivato e mantenuto in esercizio due strutture private in carenza delle prescritte autorizzazioni sanitarie, di abuso d’ufficio e di esercizio abusivo della professione di fisioterapista e medico (quest’ultimo dal novembre 2010 al marzo 2011). L’ipotesi dell’esercizio abusivo è contestato anche a Monia Feruglio, 24 anni, di Risano, che della società era la segretaria. Tutti e quattro sono assistiti dall’avvocato Luca Ponti.

Nei guai anche Giorgio Brianti, 58 anni, di San Daniele, responsabile del Dipartimento di prevenzione dell’Ass n.4 e del procedimento per il rilascio delle autorizzazioni, Giorgio Blasich, 59, di Adegliacco, medico del medesimo Dipartimento e presidente sostituto della Commissione di vigilanza delle strutture sanitarie private, e Fabiola De Martino, 28, di Tolmezzo, assistente amministrativo Ass e corresponsabile dell’istruttoria. Per tutti, l’accusa è di abuso d’ufficio, per avere appunto «intenzionalmente» favorito Indovina, Fadel e Zanini, rilasciando loro le autorizzazioni richieste, nonostante la stessa “Medio Friuli” le avesse revocate (all’allora “Eubios srl”) nel novembre del 2010. Ipotesi respinta dai difensori, avvocati Raffaele Conte (per Brianti e Blasich) e Giunio Pedrazzoli (per De Martino), che, sentiti già in interrogatorio, hanno evidenziato come la norma regionale non preveda, in caso di strutture private non convenzionate come la “Eubios”, che tra la revoca dell’autorizzazione e la concessione di quella nuova debbano tassativamente decorrere sei mesi.

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