Truffa dei diamanti: la chiamavano “finanza emozionale” e l’investimento era a prova di bomba

Potrebbero essere un migliaio i friulani che dal 2003 a oggi sono stati convinti a comperare diamanti. Pensionato e con limitate conoscenze dei mercati finanziari: ecco l’identikit dell’acquirente tipo

Gli addetti ai lavori la chiamavano “finanza emozionale”. Perchè vuoi mettere l’emozione di avere tra le mani una pietra preziosa che luccica e che è sicura sicura sicura, caschi il mondo, invece di un bond argentino o di un’azione Parmalat o Cirio? Quando le banche, i 5 principali istituti italiani, cominciarono a proporre l’acquisto di diamanti ai loro clienti più affidabili tramite le società intermediarie Idb e Dpi, negli anni tra il 2003 e il 2005, eravamo ancora alle prese con gli strascichi degli scandali finanziari più grandi dell’epoca. La gente era disorientata, scossa, e chi aveva un gruzzolo cercava un porto sicuro, un bene concreto. Un investimento a prova di bomba.

Truffa dei diamanti: cosa c'è da sapere

Circa 140 mila in tutta Italia ci hanno creduto, un migliaio (è una stima attendibile) in Friuli Venezia Giulia. Oggi, anno di grazia 2019, anche loro, come quelli dei bond argentini, dei titoli Cirio e Parmalat, e dei crac delle ex Popolari venete, si leccano le ferite. Perchè quell’acquisto di diamanti, alla fine, è risultato improvvido. Chi aveva investito 10 mila euro, adesso ben che vada se ne ritrova al massimo 5 mila, ma potrebbero essere anche meno. E qua, in Friuli Venezia Giulia, ci sono risparmiatori che hanno messo sul piatto fino a 100 mila euro, anche se la cifra media si aggira sui 60 mila euro in diamanti.

Sono almeno un’ottantina i beffati che si sono rivolti all’associazione udinese Consumatori Attivi della presidente Barbara Puschiasis, per chiedere tutela e informazioni sul da farsi. Ma le domande di chiarimenti e consulenza aumentano, ora che lo scandalo è scoppiato perchè ci sono finiti dentro Vip del calibro di Vasco Rossi e Federica Panicucci.

Perchè se alcune banche, come Unicredit, Intesa e Mps, stanno venendo incontro ai clienti, fino a rimborsarli integralmente, previo ritiro dei diamanti, altre sembrano più restie a trovare una transazione accettabile. In più adesso c’è l’inchiesta della Procura di Milano che ha fatto emergere i nomi di tre coinvolti friulani (Pietro Gaspardo 53 anni, di Dignano, responsabile pianificazione e marketing di Bpm e due agenti della società Idb, Francesco Rusin 56 anni, residente ad Aiello e Patrizia Springolo 59 anni, residente a Porcia), perchè la magistratura vuol vederci chiaro nella faccenda. Ed entro l’8 marzo c’è una scadenza importante: chi ha acquistato le pietre tramite la Idb e le ha lasciate in custodia alla società intermediaria, deve fare assolutamente richiesta di restituzione, perchè altrimenti corre il rischio che i diamanti rimangano a far parte del fallimento. Insomma oltre al danno un’altra beffa, ecco perchè la data dell’8 marzo è così fondamentale.



Ma qual è l’identikit del risparmiatore che, a un certo punto della sua vita, ha voltato le spalle ai titoli di Stato e si è “buttato” sui diamanti? In gran parte si tratta di pensionati, nella totalità dei casi persone che le banche di riferimento consideravano tra i clienti più affidabili, quelli che cercavano sempre e comunque investimenti a bassissimo rischio, appunto Bot, polizze assicurative o fondi obbligazionari. Proprio a loro venivano proposti i diamanti, in nome della “finanza emozionale” che non aveva nulla a che fare con la “finanza speculativa” degli squali di Wall Street che il cinema ha ben rappresentato.

Perchè il diamante, veniva specificato, “è per sempre”, un bene rifugio per eccellenza, che proteggeva il patrimonio, grande o piccolo che fosse. Ma allora perchè il prezzo si gonfiava a dismisura, fino al doppio del valore reale della pietra? Semplice: il diamante in questione era “caricato” di commissioni esorbitanti, fino al 15%, oltre a una polizza obbligatoria da sottoscrivere e il costo della cassetta di sicurezza dove depositarlo. In tanti però non hanno mai letteralmente visto i loro diamanti, o perchè li lasciavano in custodia alla società venditrice (Idb o Dpi) oppure li tenevano direttamente nella cassetta di sicurezza. Pochi sono coloro che i diamanti, nella confezione sigillata e con un codice “tatuato” sopra la pietra, se li sono portati a casa. E se per caso qualcuno aveva la curiosità di aprire la scatoletta per vedere cosa c’era dentro, i diamanti perdevano subito valore, proprio perchè non erano più sigillati.

Le prime turbolenze, sul caso, sono emerse quando alcuni risparmiatori, con la necessità di avere liquidità per spese personali, hanno cominciato a chiedere la vendita del bene che doveva essere il più sicuro al mondo. Agli sportelli delle banche le risposte erano in fotocopia: bisogna attendere, non è il momento, non ci sono acquirenti, provate più avanti. Fino al 2017 quando tutti capiscono che la situazione è grave, visto che l’Antitrust apre una procedura e sanziona le 5 banche coinvolte e i 2 intermediari con multe per 15 milioni, per pratiche commerciali scorrette. Da allora tantissimi beffati hanno bussato alle porte delle associazioni di tutela, come Consumatori Attivi. E in queste settimane, con i Vip che hanno perso milioni e l’inchiesta della Procura milanese, il bubbone è deflagrato. Invischiati nell’inchiesta anche alcuni funzionari e promoter friulani. Uno di loro, Francesco Rusin, contattato, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, limitandosi a confermare di essere stato collaboratore di Idb. Secondo i ben informati l’uomo avrebbe stipulato parecchi contratti con i diamanti, in particolare nel Pordenonese.

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