Tragedia sul Mottarone, il racconto di chi si è salvato: «Bloccati perché la funivia era già piena, da sotto abbiamo visto tutto»

MILANO. Sono decine, come sempre, gli scampati alla tragedia della funivia del Mottarone. Sopravvissuti non sanno nemmeno loro perché, per aver fatto la scelta giusta, per aver imboccato la sliding door che ti cambia, anzi ti salva la vita. Adele Ceraudo è una pittrice di Cosenza in vacanza con amici. Domenica mattina alle 10, due ore prima, è salita sulla funivia: «Siamo stati tra i primi a salire, i primi a scendere per fortuna. Ringrazio il cielo ma piango per chi ha perso la vita. L’altra notte non sono riuscita a dormire». Di quei venti minuti di tragitto ricorda solo le emozioni del paesaggio: «C’era solo un po’ di vento, nessuno ha avuto sentore di essere in pericolo. Non faccio che pensare a noi sospesi per aria. Ora qualcuno dovrà pagare per quello che è successo».
Anche l’imprenditore di Biella Roberto Guerrini doveva salire fino al Mottarone. Al telefonino dal campo di riso dell’azienda familiare, non ha quasi voglia di parlare: «Ci siamo fermati a bere un caffè prima di acquistare i biglietti. Poi abbiamo deciso di andare a Villa Pallavicino sul lungolago di Stresa. Sul Mottarone saremmo andati nel pomeriggio. È terribile, sono vicino alle famiglie di chi ha perso un parente, un amico. Avrei potuto esserci anch’io. Io, mia moglie, i nostri amici. Per fortuna mia figlia che ha nove anni non si è resa molto conto di quello che era accaduto».
Sul Mottarone si può salire in funivia o lungo la strada. Molti tra i turisti in vetta non si sono accorti quasi di nulla. Il titolare dell’Hotel Eden a poche decine di metri dall’arrivo della funivia in vetta, è ancora sconvolto: «Una cosa del genere è incomprensibile. C’erano molti turisti da me, saliti in funivia o arrivati con le loro auto. Molti erano spaventati quando è iniziata a girare la notizia della tragedia. In quei momenti, anche se pensi a quello che è successo, a tutti quei morti, bisogna mantenere la calma per non spaventare ancora di più la gente».
Dario Prezioso era in vacanza con la moglie e il figlio di sei anni. Aveva già fatto il primo tratto fino alla stazione intermedia della funivia ed era pronto a salire sull’impianto per arrivare fino in vetta. «È stato un addetto a dirci di non salire perché era già piena. Con le misure anti Covid i posti a bordo sono dimezzati. Avevo pure scambiato qualche parola con chi è salito, mentre ero in fila. Saremmo dovuti salire su quella dopo. Ma non c’è stato il tempo. Abbiamo sentito un colpo, abbiamo visto cadere un cavo e fermarsi la funivia che stava scendendo. Pensavo che fosse successo anche all’altra cabina. Ci hanno rimborsato il biglietto e riportato a valle che non sapevamo ancora niente. Non ci siamo preoccupati, siamo andati in pizzeria a Stresa. Solo quando abbiamo sentito le sirene e capito cosa fosse successo mi si è gelato il sangue».
Due ore prima era riuscito a prendere la funivia Pietro Armiraglio, di Busto Arsizio, in gita con la moglie e una coppia di amici: «Siamo saliti poco dopo le 10, eravamo partiti presto, volevamo evitare le ore più affollate. Se non avessimo avuto quella intuizione sarebbe capitato a noi. Lo abbiamo saputo mentre stavamo mangiando. Al Mottarone i telefonini non prendono bene. C’erano parenti che chiamavano i bar e ristoranti, non riuscendo a parlare con i loto cari. È stato angosciante».
Se non ci fossero state le misure anti Covid che limitano i passeggeri a bordo della funivia, sarebbe andata molto peggio. Angelo Garavaglia è il titolare de «L’Idrovolante Cafè» a Stresa, nella piazza da dove parte l’impianto. Fino a poco tempo fa aveva anche un noleggio di mountain bike su al Mottarone: «Anche domenica era pieno di ragazzi in bicicletta che andavano per sentieri. Per fortuna nessuno di loro è salito sulla funivia. Ragazzi giovanissimi. Ci sono salito migliaia di volte su quella funivia. È bello, vedi il panorama dall’alto, ma se si ha paura è meglio stare a terra. In alcuni punti sei sospeso a cento metri. Siamo tutti sconvolti, spero che si accerti al più presto la verità».
In bicicletta, su in funivia e giù per i sentieri, domenica mattina doveva esserci anche Pierluigi Gorla, milanese che da tempo si è trasferito sul Lago Maggiore: «Avevo fatto il biglietto il giorno prima, per evitare di fare la coda in cassa. Poi alla fine ci ho ripensato e ho deciso di rimanere a casa a tagliare l’erba del prato. Mi è andata bene, ma contro il destino non puoi farci niente».
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