Tragedia Erasmus, la madre di Elisa Valent a Madrid faccia a faccia con i magistrati

Con i genitori delle altre vittime ha incontrato il pm che indaga sul caso dell'incidente in cui ha trovato la morte anche la studentessa di Venzone. Punta a evitare l’ennesima archiviazione: «Un responsabile ci deve essere»
MARIAN-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-PREMIO INTITOLATO ALLA MEMORIA DI ELISA VALENT. I GENITORI DI ELISA VALENT
MARIAN-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-PREMIO INTITOLATO ALLA MEMORIA DI ELISA VALENT. I GENITORI DI ELISA VALENT

VENZONE. Due anni e mezzo senza un responsabile. La morte di Elisa Valent – studentessa Erasmus morta tragicamente nelle notte del 20 marzo 2016 durante un viaggio in corriera sulla superstrada di Freginals verso Barcellona insieme ad altre dodici ragazze – non ha ancora un colpevole.

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Il caso è stato archiviato due volte perché non sono risultati sufficienti ai magistrati di Amposta, competenti a indagare sulla strage, gli indizi di sonno e stanchezza del conducente come cause dirette dell’incidente. Ma loro, i genitori delle sette studentesse italiane, non hanno mai mollato. E così, dopo due impugnazioni, è arrivata giorni fa quella che potrebbe rappresentare una schiarita nella tortuosa vicenda giudiziaria.

A luglio a sorpresa mamme e papà sono tornati in Spagna e, accompagnati dall’ambasciatore italiano a Madrid e dal console a Barcellona, sono stati ricevuti dal magistrato che sta seguendo l’inchiesta. «C’è una concreta possibilità di arrivare al processo», riferisce Anna Bedin, la mamma di Elisa.

Un’esperienza che la stessa Anna Bedin ha definito «il viaggio della speranza», «quello che deve portarci – afferma – a scoprire la verità. Perché due anni e mezzo senza risposte sono troppi». Troppi, ma non per abbattere le certezze dei genitori: «Le nostre figlie non si sono suicidate. Quindi un responsabile va trovato».

Lo stesso procuratore nazionale sulla sicurezza stradale ha riscontrato anomalie nella gestione dell’indagine. «Il tachigrafo digitale della corriera su cui viaggiava Elisa – dice la madre – ha registrato 77 decelerazioni significative nell’ora e mezza che ha preceduto lo schianto». Un elemento che però non è servito a ravvisare responsabilità così gravi da essere punite penalmente.

Ora, però, l’ispettorato del lavoro spagnolo, su incarico della Corte di Tarragona che ha riaperto il caso dopo la nuova impugnazione da parte dei genitori, dovrà accertare se il conducente aveva fatto i dovuti riposi. «Vogliamo giustizia, non vendetta», dice la madre di Elisa. «D’altronde un responsabile ci deve essere. Non ci si può lavare le mani dicendo che la colpa non è di nessuno».

Anna Bedin sa benissimo che nulla e nessuno restituirà alla sua famiglia il sorriso e la voglia di vivere di Elisa. Sa che qualsiasi pena dovesse venire inflitta al conducente della corriera non sarà mai sufficiente. «In Spagna – spiega – non c’è l’omicidio stradale e al massimo il reato che dovrà scontare il responsabile sarà di quattro anni e mezzo». Ma per tutti i genitori «questa è una battaglia che va combattuta fino in fondo affinché non accadano più fatti del genere».

«Abbiamo costituito un’associazione e lottiamo – sottolinea – perché la legislazione in materia di sicurezza stradale sia uguale in tutta Europa». «Alla frustrazione iniziale – conclude – si è sostituita la rabbia perché questa strage poteva essere evitata. Il dolore ovviamente continua, ma questa battaglia la devo fare, per la mia Elisa».

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