Test sierologici per tutelare la salute dei dipendenti: quando è "vietato" seguire le regole

Cominciamo dalla norma: a oggi in caso di contagio di un dipendente da Covid-19 (“coronavirus”) c’è la possibilità per il datore di lavoro di incorrere nella responsabilità penale per i reati di lesioni personali gravi/gravissime o di omicidio colposo - aggravati dalla violazione delle norme antinfortunistiche - qualora non siano state adottate le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio. Naturalmente dev’essere dimostrato che il contagio sia avvenuto nell’ambiente di lavoro e a causa della mancata adozione delle misure di prevenzione da parte del datore di lavoro.
Un datore di lavoro, di conseguenza, si organizza fornendo ai dipendenti i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti: leggi per esempio di mantenere la distanza. E ancora: controlla le situazioni di rischio in caso di emergenza; informa i lavoratori dei rischi e delle disposizioni prese in materia di protezione; lascia a casa i lavoratori in una situazione di lavoro in cui persiste un rischio grave e immediato.
Bene. Adesso andiamo a Monfalcone, alla Sbe, top player nella produzione di bulloneria, viti e dadi. Oltre seicento dipendenti in quattro stabilimenti; in regione uno, appunto, a Monfalcone l’altro a Tolmezzo. Il presidente della Sbe è Alessandro Vescovini che, per tutelarsi, ha acquistato dei test seriologici marchiati Ce: 12 euro l’uno con una affidabilità del 92 per cento.
«Ho cominciato a fare i test in azienda per individuare i potenziali contagiosi – racconta –. È emerso che circa il 10 per cento è positivo asintomatico. Persone che ho dovuto lasciare a casa. Dopo tre giorni i Nas hanno sequestrato, da un laboratorio di Udine, 118 di quei test, impedendomi di farne altri. Con il provvedimento firmato a Pasqua, infatti, la Regione Fvg vieta alle imprese di poter effettuare anche a proprie spese i test necessari per garantire la sicurezza dei lavoratori in un periodo di simile crisi sanitaria. Prima i malati poi i sani».
Contemporaneamente – continua Vescovini – «il premier Giuseppe Conte ci fa sapere che eventuali infezioni sono equiparabili a incidenti sul lavoro e, quindi, l’imprenditore è totalmente responsabile, civilmente e penalmente, di eventuali contagi sul posto di lavoro. Riassumendo: sei responsabile, devi controllare, ma non puoi fare i test ai dipendenti».
«Presto il governo farà una gara e avrà un fornitore ufficiale per i test seriologici – spiega l’imprenditore –. Scommetto che quell’azienda non avrà la capacità di monitorare tutti i 23 milioni di lavoratori almeno una volta al mese».
Alessandro Vescovini – che in Emilia fa i test in collaborazione con l’azienda sanitaria – ha depositato un esposto in Procura della Repubblica a Trieste. E da lunedì riprenderà a monitorare i dipendenti: «Ho acquistato dei test rapidi marchiati Ce e Ministero della Sanità».
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